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Quidquid recipitur ad modum recipientis recipitur.
Tutto quello che si riceve si riceve nella forma del recipiente.
Tommaso d’Aquino
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 25,14-30)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».
Mi lascio ispirare
Che siamo tutti diversi, unici e speciali è manifesto. Quale vicenda umana è completamente sovrapponibile a quella di un altro? E, a ben guardare, anche nell’esperienza della stessa persona, le condizioni non cambiano forse costantemente, per tante ragioni e circostanze? Ogni essere umano, ogni fase della vita, ogni giorno, sono davvero unici, speciali.
Ma la tentazione di fare confronti è grande. È durissima una vita in cui bisogna sempre prendere 10 e lode, vincere sempre e comunque in tutti i campionati… È davvero possibile che un campione di nuoto sia anche pianista professionista, ottimo cuoco, esperto botanico, eccetera eccetera? No! Abbiamo limiti e questo non è un peccato, anzi: è la condizione di possibilità per vivere in modo… umano!
E allora, senza concorrenti, senza confronti, senza ansie di prestazione, il tuo dono, il tuo talento, giocalo come puoi, al meglio che puoi, non contro gli altri ma per gli altri, magari con altri, con gioia e con semplicità!
E forse, sempre a ben guardare, quello che riconosci di avere oggi tra le mani puoi riconoscere che non è solo “merito tuo”, solo farina del tuo sacco, solo frutto del tuo sudore… Ogni talento ci è stato in qualche modo donato, ci è stato affidato. Magari potrebbe pure portare frutto, non solo per te, ma anche per altri che possono avere bisogno.
Ogni dono è un regalo che possiamo scegliere di scartare, provare a giocare nella realtà presente o un pacco che per qualche motivo resta chiuso nella sua confezione. E la polvere si accumula. Qualcosa di bello e di buono, che poteva essere utile, sembra pian piano scomparire dall’orizzonte.
Che peccato sarebbe congelarsi del tutto nella rabbia e nel risentimento, incupiti dagli spiriti del giudizio, del confronto, del perfezionismo, della paura.
Che bello è rischiare di giocare nel qui e ora, con fedeltà umile e sorridente, la propria speciale pienezza.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Che forma (che colori o caratteristiche) ha, oggi, “il recipiente” della mia vita? Che cosa posso riconoscerci dentro? Che cosa mi è stato affidato?
Quali giudizi, confronti, lamentele, rimuginii o delusioni sembrano avere il potere di crepare il recipiente della mia vita disperdendo quel che c’è dentro, o di ribaltarlo fino a svuotare la mia pienezza di vita? Come sto quando do potere a questi pensieri?
In quali occasioni posso dire di aver gustato, almeno per un frammento, di partecipare a una gioia più grande e forte: la gioia del donatore, la gioia del Signore?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
30
Agosto
2025
Quando è pieno è pieno
commento di Mt 25,14-30, a cura di Matteo Suffritti SJ