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Chi può guardare due volte
le scarpe di una creatura
qualunque
senza mettersi a piangere?
Dio, col suo sguardo
infinitamente abbattuto
che non si stacca mai
dalle scarpe degli uomini.
Héctor Murena
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 13,16-20)
[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro: «In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica. Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono. In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato».
Mi lascio ispirare
Guardo le mani di Gesù che ha appena lavato i piedi degli apostoli, anche i miei. I miei occhi vorrebbero imparare, trattenere questo gesto per ripeterlo, allo stesso modo, con la stessa cura. Vorrei essere quel servo fedele che riesce a essere sollecito alle richieste del padrone, che va dove è necessario, ma non sempre mi riesce. Le resistenze sono tante. Mi fido poco, vorrei fare di testa mia, ancora non ho imparato che il mondo in realtà non si divide tra schiavi e padroni. E che servire non è un gesto di sottomissione, ma un atto d’amore tra fratelli e sorelle. Siamo tutti tra quelli che Gesù ha scelto e chiamato a un’esistenza autentica, a questa verità che apre e chiude il vangelo di oggi.
Avrei da ridire anche sul fatto che Gesù ha scelto proprio gente come Giuda. Quel calcagno sollevato che fa inciampare e cadere, che schiaccia, opprime, perseguita, che tende insidie… io l’ho visto anche sollevato e raccolto dalle mani di Gesù, su questa stessa bacinella di acqua sporca in cui ora mi specchio, con il capo chino e i piedi puliti. Anche io, come Giuda, mangerò quel pane che è Cristo stesso. Alzando lo sguardo vedo le mani di Gesù offrire quel pane. È così che serve il padrone, è tutto in questo gesto. È solo questo il compito che mi viene affidato.
La verità è accoglienza. Siamo servi che custodiscono la casa in attesa del ritorno del padrone. Dove siamo noi c’è anche Lui. Quando accolgo rendo presente il Padre. Cosa vorrei dire a quanti bussano a questa porta, cosa posso offrire loro?
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Di che tipo sono le tue resistenze?
Chi decide tra ruolo di servo o padrone, da cosa ti difendi?
Che significa praticare l’accoglienza?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
15
Maggio
2025
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commento di Gv 13,16-20, a cura di Caterina Bruno