Mihàly Köles -
La perfezione si ottiene non quando non c’è più nulla da aggiungere, ma quando non c’è più niente da togliere.
Antoine de Saint-Exupéry
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 9,32-38)
In quel tempo, presentarono a Gesù un muto indemoniato. E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare. E le folle, prese da stupore, dicevano: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!». Ma i farisei dicevano: «Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni». Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».
Mi lascio ispirare
Il vangelo di oggi presenta due parti che hanno in comune la folla.
Le folle, prese da stupore. Di fronte alla guarigione di un muto – forza della parola che ritorna a risuonare dentro e attorno al corpo del muto – la folla è stupita. La capacità di meravigliarsi è dei semplici! Semplici che gioiscono in opposizione al sapere dei farisei che non riescono ad entrare in questo stupore. Spesso la presunzione del troppo sapere ci fa vedere cospirazioni ovunque che offuscano di scetticismo quell’intima bontà che traspare in ogni sguardo. Servono invece occhi semplici per non confondere il miracolo con la magia, la salvezza di Dio con un’azione del demonio – un supposto dio mediatore di male.
La folla è stanca e sfinita. L’altra scena presenta la folla stanca e sfinita. Per quale ragione? La durezza del lavoro? La fatica di anelare una guarigione tanto attesa? Ci viene raccontate un motivo insolito per essere stanchi: la mancanza di una guida, di un fine a cui orientarsi come per le pecore in cerca di pascoli. E Gesù, toccato da questo “fine che sfinisce”, si fa pastore e preghiera. Pastore, non tanto come colui che tiene il bastone, ma luogo stesso di cui nutrirsi, il pascolo come immensa tovaglia stesa sul mondo. E preghiera per la messe, altra immagine presa dai campi, già rimando al pane che verrà, pane che è propaggine delle braccia chiamate alla mietitura. Gesù ci dà una potente istantanea di come il chinarsi sul campo contenga in sé la preghiera del chinarsi all’altare.
La preghiera e il servizio del vangelo perdono forza quando si allontanano dall’intima semplicità che queste ‘folle singolari’ hanno trasmesso a Gesù.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Cos’è per me essere semplice?
Ho provato qualche volta un senso di stanchezza comunitario? Ne ricordo il motivo?
Mi sento coinvolto da questa chiamata a servire la messe – il regno – di Dio?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
6
Luglio
2021
Semplici
commento di Mt 9,32-38, a cura di Giuseppe Amalfa SJ