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Mi pesa sulle spalle
il poco di cammino
che non percorsi.
Casimiro de Brito
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 5,20-26)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: Stupido, dovrà essere sottoposto al sinèdrio; e chi gli dice: Pazzo, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».
Mi lascio ispirare
Arrabbiarsi non è necessariamente cosa negativa, appartiene all’universo delle passioni umane, che possono creare solidarietà e spazi di salvezza per sé stessi e per il prossimo. Tuttavia Gesù ci presenta una rabbia che uccide, che produce morte, attorno a chi la scaglia contro il fratello, ma anche – e definitivamente – in chi si adira; una morte rappresentata con l’immagine estrema del fuoco della Geènna, passata alla tradizione per rappresentare l’inferno, la separazione definitiva da Dio.
Quest’ira uccide, perché mette contro il fratello, sfigura il suo volto e cancella il suo nome sostituito da parole come “stupido”, “pazzo”… frutti dell’ira che negano all’altro dignità, credibilità, nel fondo la sua umanità. Quest’ira separa anche dall’altare: non c’è spazio di Dio per chi ha negato all’altro il suo spazio nel mondo.
Ma per Cristo non ci sono separazioni definitive, il cammino di Quaresima già intrapreso, ci chiama alla riconciliazione, a quella preziosa opera di sutura che il Padre offre ad ognuno dei suoi figli. Siamo figli chiamati alla riconciliazione, una riconciliazione che passa per il cammino, quella strada condivisa con i fratelli dove la parola che aveva separato si fa adesso strumento di comunione.
Camminiamo in questa Quaresima: c’è sempre un fratello o una parte di noi con cui riconciliarci.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In quale occasione ho saputo distinguere la rabbia buona da quella che mi separava da Dio, i fratelli, me stesso?
Quale percorso di riconciliazione affido oggi al Signore?
Quando il cammino mi ha aiutato a riconciliarmi?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
6
Marzo
2020
Cammini di riconciliazione
commento di Mt 5,20-26, a cura di Giuseppe Amalfa SJ