Michelangelo Merisi da Caravaggio, Decapitazione di Giovanni Battista (1610) -
Gesù […]
per coloro che muoiono nel nome tuo,
apri le grandi porte del Paradiso
e fai loro vedere
che la tua mano
era fresca e vellutata,
vellutata e fresca,
come qualsiasi fiore,
e che forse loro troppo audaci
non hanno capito che il silenzio era Dio
e si sono sentiti oppressi
da questo silenzio
che era solo una nuvola di canto
Alda Merini, Corpo d’amore
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mc 6,14-29)
In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi». Altri invece dicevano: «È Elìa». Altri ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!». Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri. Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.
Mi lascio ispirare
Erode si trova davanti a una situazione complessa: la sua relazione con Giovanni Battista. Verso Giovanni, Erode sente rispetto, timore, lo ritiene santo e lo ascolta. Pur non comprendendo sempre tutto, arriva a sviluppare un atteggiamento di custodia e vigilanza nei suoi confronti. C’è una certa profondità del sentire interiore di Erode rispetto alla quale si riescono a decifrare tutti questi aspetti del suo rapporto con il Battista.
Ma questa complessità si semplifica nell’ambito di una festa. Il testo non scende in particolari: si allude a un banchetto e a delle danze, un contesto dentro il quale si può rimanere sobri e lucidi oppure no, cedendo a eccessi che si possono facilmente immaginare. Purtroppo gli effetti saranno tra i peggiori: in un attimo si banalizza la vita dell’altro, servita su un vassoio come se fosse una delle tante portate, per restare fedeli a una promessa estorta in un’astuta vertigine di lussuria.
Davanti alla morte del profeta, Erode resta solo con la sua tristezza, nella quale annega quella varietà di sentimenti che la relazione con Giovanni gli procurava. Purtroppo la storia di Erode non è isolata, di eccessi e di feste dentro i quali si banalizza la vita dell’altro sarà piena la storia e ne è colmo il presente.
Bisognerà attendere l’irruzione di Gesù per rivestire di resurrezione la vicenda di Giovanni, facendo di questo re un inconscio profeta del destino che attende tutti coloro che muoiono in Cristo.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Cosa mi insegna la vicenda della morte di Giovanni Battista?
In quali occasioni sono stato spettatore o complice della banalizzazione della vita dell’altro/a?
Provo a immaginare la resurrezione di qualcuno che è stato vittima di una vicenda di “banalizzazione della vita”. Come mi sento?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
7
Febbraio
2025
Banalizzare la vita
commento di Mc 6,14-29, a cura di Giuseppe Amalfa SJ