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Felice l’uomo come una fiamma spenta,
felice l’uomo come sabbia d’estuario,
che ha deposto il carico e si è tersa la fronte,
e riposa al margine del cammino.
Primo Levi, L’approdo
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 6,20-26)
In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».
Mi lascio ispirare
Più giù è il punto di vista della santità, un modo di vivere che Gesù racchiude in una parola, beati o, detto con un termine più aderente al testo greco, felici. Beati o felici? Il senso delle beatitudini non trova facilmente casa, tende a oscillare tra i due poli: o lo si presenta troppo in alto nel cielo o troppo mondano, o come via per esaltare il più eroico martirio o santità facile (quasi un anagramma di felice) a buon mercato.
La risposta sembra stare nella povertà, la condizione che sintetizza tutte le beatitudini, ma questo non risolve le ambiguità della questione: chi è il povero? Cos’è la povertà? È spirituale, è effettiva? È affettiva? La povertà è tutte queste cose insieme, l’importante è che questa varietà di interpretazioni non ci faccia perdere l’opportunità di confrontarci con la nostra povertà personale, quella propria di ciascuno, un po’ come una vocazione.
Mi piace pensare che Gesù nelle beatitudini, declinando la povertà ci dia la possibilità di collocare nella lista anche la nostra, quella povertà più inconfessabile e nascosta, quella con cui siamo chiamati a fare i conti tutti i giorni.
E allora anche i guai hanno senso, guai a chi non entra in contatto con la propria povertà.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Cosa mi provoca l’accostare felicità e povertà?
Qual è la mia povertà più intima?
In quali occasioni ho lasciato che qualcuno la toccasse?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
7
Settembre
2022
Più giù
commento di Lc 6,20-26, a cura di Giuseppe Amalfa SJ