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Se stringi il pugno, scivola via, se tieni aperte le palme, rimane.
Apologo anonimo
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 12,24-26)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà».
Mi lascio ispirare
Penso a ciò a cui tengo di più. La persona più cara; la relazione più importante; il progetto su cui ho investito di più; il luogo a cui sono più legato; la cosa di cui ho più bisogno… Come puoi, Signore, chiedermi di odiare tutto questo?
Penso a ciò che temo di più, a quello che assolutamente non sopporterei di perdere, alle cose senza cui non posso vivere. Come puoi, Signore, chiedermi di morire? Perché?
Il Signore non ci chiede di morire, ma di lasciarci trasformare. A volte la trasformazione potrà assomigliare a una spoliazione, potrà essere così radicale da sembrare una morte. Ma in realtà è vita: come quella del nuovo germoglio, della farfalla, del bambino strappato al tepore dell’utero․․․ Vita violenta, forse, ma vita. A volte è l’unico modo di ricordarci che non c’è niente che ci siamo meritati o guadagnati coi nostri progetti, non c’è niente che possiamo pretendere di mantenere per sempre perché è ‘nostro di diritto’: tutto è dono.
È proprio per questo che noi possiamo stare tranquilli e sereni, senza arrabattarci a difendere i confini di quello che è nostro. Il Padre ha donato, lui saprà come far fruttare e come continuare a nutrirci.
Il Signore non ci chiede di “odiare” la nostra vita: nella lingua di Gesù questo verbo non aveva la connotazione emotiva negativa che ha nella nostra. “Odiare” qui significa semplicemente “non preferire”, “mettere al secondo posto”. Riservare il primo posto a Dio perché è Dio, e non per i doni che mi fa; così posso godermi fino in fondo tutti i beni che mi sono donati, perché rimangono segni che aprono a un amore più grande, e non diventano idoli che rendono schiavo.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Cosa mi preoccupa?
Quando ho cercato di trattenere un bene, una relazione, perché non riuscivo a staccarmene?
Come il Signore ha generato vita nuova dove mi sembrava di vedere solo morte?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
10
Agosto
2022
Doni, non proprietà
commento di Gv 12,24-26, a cura di Harambet