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Nel cominciare la biografia del mio eroe, Alekséj Fëdorovič Karamazov, sono piuttosto perplesso. Mi spiego: benché io chiami Alekséj Fëdorovič il mio «eroe», tuttavia so bene che non è per niente un grand’uomo, e perciò prevedo, inevitabilmente, domande di questo genere: che cos’ha di notevole, dunque, il vostro Alekséj Fëdorovič, per averlo scelto come vostro eroe? Che ha fatto di speciale? Da chi e per quale ragione è conosciuto? Perché io, lettore, devo perdere tempo ad apprendere i fatti della sua vita?
Fëdor Michajlovič Dostoevskij, I fratelli Karamazov
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 1,46-55)
In quel tempo, Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Mi lascio ispirare
Maria fronteggia un viaggio piuttosto lungo per incontrare la cugina Elisabetta, anche lei immersa nell’esperienza della gravidanza. Insieme, le due donne celebrano la voglia di vivere, cantano la contentezza, ringraziando il Signore che si fa prossimo, che risponde.
Tra me e l’accoglienza della gioia intercorre un viaggio da intraprendere. Gioire non è un fatto scontato. Nel momento in cui la mano della gioia bussa delicatamente alla mia porta, potrebbero intervenire delle voci, imbracciando l’intenzione di dissuadermi dall’aprire. Quelle voci magari sono ragionevoli, porgono delle buone motivazioni, argomentano con efficacia insindacabile, magari sono abituali, familiari, abitano l’edificio della mia esistenza, appartengono al bagaglio della mia storia.
Avviene allora che sperimento di essere presso un bivio: o continuo ad ascoltare le solide solite voci che da un passato continuano a condizionare il presente e il futuro oppure mi alzo, diserto la comoda poltrona del già-detto e mi dono la possibilità di sperimentare la resa alla nuova gioia, decido di aprire la porta alla novità che viene dall’esterno della dimora.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In quali momenti ho sperimentato pensieri che mi hanno chiesto di rinunciare alla gioia?
Quando mi trovo presso il bivio – o la voce solita che mi chiede di non accogliere o la novità dall’esterno – quale dei due sentieri imbocco?
Quale novità c’è dietro la mia porta?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
22
Dicembre
2021
L’accoglienza della gioia
commento di Lc 1,46-55, a cura di Carmine Carano SJ