Ph. Andrea Lalli -
Sii consapevole che il tuo dono sei tu stesso.
Joachim Ringelnatz
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 20,11-18)
In quel tempo, Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.
Mi lascio ispirare
Che cosa resta, quando arriva la parola fine? Possiamo quasi vederla, Maria di Màgdala, raggomitolata, covare il dolore dell’assenza, perdere pezzi uno dopo l’altro: a quest’uomo morto lei deve la vita, ma ecco che questa vita le sfugge di nuovo. Ha degli oli profumati, ma è se stessa che versa, tutto quello che prova, sulla soglia di quell’abisso, di questo vuoto: lui non c’è più, d’un tratto lo realizza… lui non c’è più.
Ma ecco un uomo che la chiama donna. Tutta la vita di Maria è stata un “chi cerchi?” e Gesù la spinge, sì, a continuare a cercare, ma aprendo gli occhi: non si è accorta che quel sepolcro è diventato intorno a lei un giardino, sta continuando a cercarlo nel posto sbagliato. E non lo riconosce finché non la chiama per nome.
Dare un nome è chiamare all’esistenza. Nel vuoto il Signore parla, sussurra il nostro nome, ci insegna a pronunciarlo di nuovo sillaba per sillaba, come lo pronuncia chi ti ama profondamente. Ecco, Maria si volta una seconda volta, questa è la sua vera conversione: non ha più bisogno di trattenerlo a sé, lascia finalmente andare anche la sua ferita, non ha più paura dell’assenza, non ha più paura di vivere. Lo riconosce, è il suo Maestro, si riconoscono, si ritrovano.
Maria non è più lì al sepolcro, è fuori, a cercare i suoi fratelli per consegnare la sola cosa che le resta: il nome del Signore, di colui che sta al centro del suo cuore, che le ha insegnato il dono di sé. Questa fine è un inizio: Cristo risorto è la gioia incontenibile che ora anima i passi svelti di Maria, prima apostola.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Come suona il tuo nome, pronunciato con amore?
Quale sepolcro sotto i tuoi occhi è in realtà un giardino fiorente?
Cosa puoi offrire fino in fondo, oggi?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
14
Aprile
2020
Senza trattenersi
commento di Gv 20,11-18, a cura di Caterina Bruno