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Perciò partiamo, partiamo che il tempo è tutto da bere,
e non guardiamo in faccia nessuno che nessuno ci guarderà.
Beviamo tutto, sentiamo il gusto del fondo del bicchiere
e partiamo, partiamo, non vedi che siamo partiti già?
Francesco De Gregori, Viaggi e miraggi
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 13,1-15)
Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri». Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».
Mi lascio ispirare
Giovanni era molto vicino a Gesù. Ne coglieva i cambi d’umore, i sospiri, i sorrisi, era capace di interpretare i suoi pensieri e i suoi gesti. Ed è stato il primo ad accorgersi che Gesù aveva capito di dover morire, a rendersi conto di quale immenso amore provasse per ciascuno di loro. Chissà cosa deve aver notato quella sera Giovanni in Gesù, come ha colto questa nuova consapevolezza del Maestro: Gesù gli aveva manifestato le sue preoccupazioni? O Giovanni lo aveva intravisto con gli occhi lucidi? Sarebbe bello poter penetrare il mistero di questa scena, leggere profondamente quel che stava accadendo dentro il Signore. Quanto gli stava costando quell’amore fino alla fine? Quanto lo scavava la delusione per il tradimento di Giuda, il dolore di perderli tutti di lì a breve, la paura per quello che avrebbe dovuto attraversare?
Eppure, proprio il momento di massima tensione è quello della luce più grande: il dono del suo corpo, i piedi lavati anche a Giuda, la volontà di lasciare l’estremo esempio di servizio. Vivere così momenti simili è possibile solo nella consapevolezza che sì, morirà tradito, ma anche “che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava”. La certezza di una casa che nessuno poteva togliergli, e di una missione fondamentale, immensa, che in quel momento neppure forse riusciva a capire fino in fondo, ma che accettava; e così può essere anche per noi.
Coltiviamo il desiderio di entrare sempre più profondamente, silenzio dopo silenzio, esperienza dopo esperienza, giorno dopo giorno, Pasqua dopo Pasqua, in ciò che Gesù provò quella sera. Per ciascuno di noi l’accesso alla vita piena, alla comprensione del dolore, della morte, del male e dell’amore passa di qui, da questa fiducia di Gesù nel Padre. Un cammino diverso per ciascuno, ma accomunato dall’esperienza di quest’uomo: un cammino possibile solo perché lui lo ha percorso fino in fondo.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quali spazi e momenti sto cercando di ritagliare in questa Settimana Santa per provare ad entrare davvero nella Pasqua?
Che cosa mi è richiesto di “bere fino alla feccia”, e quali dei miei sforzi rischiano di sembrarmi inutili?
Dove trovo in questo periodo le certezze sulla base di cui camminare?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
9
Aprile
2020
Fino alla fine
commento di Gv 13,1-15, a cura di Comunità Centro Poggeschi