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L’azione non nasce dal pensiero, ma dalla disponibilità alla responsabilità.
Dietrich Bonhoeffer
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 19,11-28)
In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”. Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”. Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”». Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.
Mi lascio ispirare
A una prima lettura, ci si può sentire consolati solo se ci si riconosce in uno dei due servi premiati dal signore fatto re. Gesù è come questo re: riconosce i miei talenti e la mia capacità di gestione, mi valorizza e si fida di me. Se lo si legge dalla parte del terzo servo però la situazione cambia considerevolmente: l’atteggiamento diventa molto esigente e punitivo. Non c’è seconda possibilità, ti sei giocato la tua chance e te la sei giocata male. Fuori!
Il re della parabola, che nel racconto di Luca prelude a Gesù che poco dopo entra a Gerusalemme accolto come un re, sarebbe quindi rappresentato come un imprenditore spregiudicato: il manager brillante lo premio e gli do ancora più responsabilità, in modo che difenda i miei interessi. Quello scarso lo caccio, perché non mi serve a nulla.
Può cambiare la prospettiva se ci si immagina un preside che ha tre palloni e ne dà uno a ogni maestro con il compito di far giocare e coinvolgere più bambini possibili. Due maestri riescono a far giocare uno cinque e l’altro dieci bambini. Il terzo maestro mette il pallone nell’armadio per paura che il pallone si buchi e i bambini si facciano male, lasciando i bambini da soli in cortile.
Ai primi due, il maestro darà più classi possibile, perché questo gli garantisce che i bambini giocheranno e quei maestri sapranno come fare. Il terzo dovrà fare altro, non perché sia cattivo, ma perché non è entrato nella logica del preside: quella di prendersi cura dei bimbi. La logica del potere per Gesù non è economica né remunerativa, è la cura e la responsabilità di ciò che ti è affidato. E quelle città siamo noi. Siamo i servi e le città allo stesso tempo, affidàti gli uni agli altri.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In che luogo della tua vita senti che i tuoi talenti e il tuo coraggio trovano modo di esprimersi nel servizio?
Quando è capitato anche a te, come al terzo servo, di avere un’immagine di Dio come di un padrone esigente da compiacere e soddisfare?
In cosa sperimenti come il potere su cose e persone è una chiamata di Dio alla cura e alla responsabilità? Degli altri su di te o tuo sugli altri?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
19
Novembre
2025
Affidati agli altri
commento di Lc 19,11-28, a cura di Leonardo Angius SJ