
Foto di Gabriele Bernabini (alluvione di Faenza, maggio 2023) -
Questo tipo di felicità è altamente infelice. L’italiano medio, a mio avviso, si è riconosciuto nell’infelicità di Fantozzi. È uno che rinuncia a tutto, ma non a una cosa: a vivere, a vivere in una società che lui capisce sia invivibile, lucidissimo, non è tonto. Lucidamente sa che ogni suo tentativo finirà in una catastrofe, però comunque continuerà disperatamente col sorriso sulle labbra a correre di catastrofe in catastrofe, perché non ha altra scelta, vivere comunque, sopravvivere, in effetti.
Paolo Villaggio
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 5, 1-12)
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Mi lascio ispirare
Seguo Gesù che esce dalla folla e sale al monte. Lo ascolto proporre un’idea di felicità che mi fa sentire subito provocato. Tutti mi dicono come stare meglio e fare le scelte giuste: sembra impossibile, inaccettabile non stare bene. Se non sto bene, mi vedo sbagliato, inadatto e incapace di trovare la felicità. Talvolta credo di aver capito come ricercare questa pienezza, ma nel farlo è come se me ne dimenticassi. Gesù mi prende per mano e mi porta a cercarla dove non mi aspetterei, cioè guardando la vita con l’occhio delle debolezze. Mi dice che sono beato non nonostante le mie povertà o il mio dolore. Non mi fa un elenco di cose da fare, ma mi dice come essere, come guardare le mie ferite.
Riconoscermi povero in spirito – e non in ricchezza materiale, e nemmeno in spiritualità, come pensavo – comporta ammettere che mi manca qualcosa e devo sempre cercarla, che non mi salvo da solo. Questo fa nascere in me gratitudine, perché convengo che quel che arriva è un dono e non è scontato.
Percepirmi afflitto significa vedermi a volte costretto a soffrire, ma in questa sofferenza c’è vita e io posso amare, a partire dal non aver paura di mostrarmi fragile, così anche il dolore può diventare occasione di incontro. Scoprirmi misericordioso mi aiuta a stare vicino all’infelicità dell’altro; anche quando penso di aver ragione, mi spinge a fare un passo in più verso l’altro per primo.
Allora mi chiedo: perché dimentico quel sentirmi beato? Perché è un cammino che dura tutta la vita. E allora zaino in spalla, perché la ricompensa è grande: la beatitudine, una soddisfazione piena e costante. Posso rallegrarmi ed esultare, perché le cose che mi rendono felice non mi abbandonano mai. Anche se non capisco tutto, nei paradossi delle beatitudini intuisco della verità: in questi opposti Gesù mi mostra il bello di atteggiamenti che non danno né ricchezza né successo, non danno da mangiare né un tetto, eppure mi fanno sentire sazio, e mai al freddo.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quali vulnerabilità mi sento chiamata/o ad abitare?
Quale beatitudine ha parlato di più al mio cuore?
Cosa mi fa dimenticare di essere beata/o?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
1
Novembre
2025
Nel paradosso, la verità
commento di Mt 5, 1-12, a cura di Gabriele Bernabini