La costruzione della torre di Babele, Basilica di San Marco di Venezia, XIII secolo -
Anziché un castello fortificato eretto in mezzo alla campagna, dobbiamo concepire un esercito di stelle scagliate verso il cielo.
Jacques Maritain
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 14,25-33)
In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
Mi lascio ispirare
Oggi siamo messi davanti a una delle frasi più forti ed esigenti del Vangelo. Sono le condizioni che Gesù pronuncia davanti a una folla numerosa per seguirlo: la rinuncia agli affetti familiari più stretti e all’amore verso se stessi. A questo si aggiunge la rinuncia a tutti i propri averi. E, come se non bastasse, occorre anche caricarsi delle proprie croci personali.
A prima vista è impossibile ridurre il livello di questa esigenza: le espressioni sono chiare e lapidarie, ci rimandano a un Vangelo senza sconti, il sogno di una totale aderenza a Cristo.
Tuttavia oltre a questi esempi di sequela radicale, ne troviamo altri due: la costruzione di una torre e la strategia militare. Guardando dunque all’insieme, colpisce il contrasto tra la materialità e mondanità di questi esempi e le condizioni della sequela, che invece esigono la rinuncia ai beni materiali e affettivi.
In questo contrasto possiamo cogliere una peculiare strategia pastorale di Gesù, che, dopo averci provocato, ci viene incontro prendendo anche ciò che di peggio è in noi – la costruzione di torri e la follia della guerra – per trarne qualcosa di buono. E il buono sta in due azioni che accompagnano queste operazioni mondane: il calcolare e l’esaminare, cose che in termini spirituali si chiamano discernimento.
È come se Gesù ci dicesse che la radicalità di una risposta, l’adesione al suo piano di salvezza che passa per la croce, devono essere precedute da un tempo calmo di calcolo ed esame interiore, richiamando quei momenti privilegiati di preghiera, vissuti dallo stesso Gesù, che punteggiano il Vangelo.
Concludendo, se la prima reazione rispetto alla richiesta di Gesù genera distanza, la pratica del discernimento la riduce. E la sequela diventa possibile: inizia a sederti, prenditi una pausa, rifletti… questo è il primo passo.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Come reagisco alle condizioni che Gesù pone per seguirlo? Che sentimenti mi suscitano?
Cosa nella mia vita esige un calcolo e un esame attento?
Cosa mi fa desiderare di entrare in un processo di discernimento per seguire in modo radicale il Vangelo di Gesù?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
7
Settembre
2025
Calcolare
commento di Lc 14,25-33, a cura di Giuseppe Amalfa SJ