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Ogni tanto bisogna arrendersi e godersi lo spettacolo della nostra fragilità.
Fabrizio Caramagna
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mc 9,30-37)
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
Mi lascio ispirare
Siamo in cammino verso Gerusalemme, verso il luogo della consegna, del dolore, della morte e resurrezione. Gesù apre il suo cuore, condivide il peso che porta dentro, forse cerca accoglienza, calore, solidarietà, sostegno. Un momento di profonda condivisione con i suoi amici più intimi.
È la seconda volta che Gesù rende partecipi i suoi, nella prima occasione Pietro cercherà di stargli accanto dissuadendolo e proponendogli delle vie di fuga. Ora i discepoli non sanno che dire, sono atterriti dalla paura, ammutoliti al solo pensiero di perdere Gesù. Così nasce tra loro una discussione per non affrontare la realtà, si proiettano nel futuro per non accogliere il presente! Iniziano a pensare al successore, a colui che potrà permettergli di andare avanti senza Gesù. Ad un altro che possa garantire le loro vite, che li strappi al fallimento. Accade anche a me, e forse anche a voi, di sentirmi incapace di affrontare gli impegni, la vita, il servizio… e allora cerco garanzie, figure autorevoli che possano trarmi in salvo.
Il Signore non sembra turbato dall’incapacità dei discepoli di comprenderlo, né scandalizzato da pensieri così meschini! Atteggiamento di chi non si preoccupa del dolore dell’amico, ma istintivamente, preso dalla preoccupazione per sé stesso, cerca di elaborare valide strategie per mettersi al sicuro. Si cercano alleati potenti, un signore a cui sottomettersi in cambio di protezione, e in questa ricerca del più forte irrompe Gesù con un bambino fra le braccia.
Come a dirci “non temete, accogliete la vostra fragilità, fatele spazio perché è gravida di energie vitali”. Davvero provvidenziali queste parole in un momento dell’anno sociale in cui i programmi per il futuro spaventano, sembrano inattuabili, gli obiettivi irraggiungibili. Oggi il Signore ci invita a fronteggiare queste paure dal seggio elevato delle sue ginocchia, invitandoci ad amare coloro che siamo chiamati a servire, attingendo dal Padre le inesauribili energie riservate a quelli che hanno il coraggio di prendersi cura degli ultimi!
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quali sono le sfide che in questo periodo dell’anno ti spaventano maggiormente?
Su quale “trono” ti accomodi per decidere come rispondere alla chiamata ad un amore più grande che sappia farsi servizio?
A chi desideri affidare oggi la tua vita? Su chi speri quando l’orizzonte si raddensa di nuvole minacciose?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
22
Settembre
2024
Fare spazio alla fragilità
commento di Mc 9,30-37, a cura di Narciso Sunda SJ