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Voi siete buoni in infiniti modi, ma non siete cattivi quando non siete buoni.
Siete solo pigri e perditempo.
È un peccato che il cervo non possa insegnare alla tartaruga a diventare veloce.
La vostra bontà è nel desiderio del gigante chʼè in voi; e quel desiderio è in ciascuno di voi.
Kahlill Gibran, Il profeta
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 3,14-21)
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Mi lascio ispirare
Dio ha mandato suo figlio, il suo unico figlio, per salvare il mondo e noi per mezzo di lui. Ma non siamo salvati automaticamente, Gesù sembra dirci questo con la parabola: siamo salvati quando crediamo in lui e nel suo figlio. Ci viene data la possibilità di scegliere tra credere e non credere, tra l’essere salvati e l’essere condannati.
Poi Gesù sembra dirci che c’è già stato un giudizio su come ci siamo comportati, su quello che abbiamo scelto. Nonostante la luce sia venuta al mondo, e questa luce è Gesù, noi uomini abbiamo compiuto opere malvagie, abbiamo preferito le tenebre. Ma attenzione! Qui è utile fare quella che forse è una classica distinzione: gli uomini hanno compiuto opere malvagie, ma non sono malvagi. Il male è qualcosa che facciamo, non qualcosa che siamo. E questo ci riveste di una grande responsabilità: quella di poter, e dover, costantemente scegliere tra luce e tenebre, tra fare “la verità” e fare il male.
E la parabola ci dà uno strumento per discernere bene e male: chi fa la verità, il bene, va verso la luce. La luce, che è la prima opera del creatore, è gioia e gratitudine, consolazione e pace, è la sensazione di saperci e sentirci amati. È la gioia di esserci aperti a colui che ci può salvare e che ci può donare la vita eterna. Quando proviamo questa gioia, sappiamo di star “facendo la verità”.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Come vivo la possibilità, o meglio la responsabilità, di scegliere quotidianamente tra bene e male?
In che situazioni della mia vita scelgo di fare il male, di stare nelle tenebre?
Come riconosco la gioia che mi fa dire che sto agendo nella luce?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
10
Marzo
2024
Tra bene e male
commento di Gv 3,14-21, a cura di Ilaria Zipponi