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L’attesa è il cordone ombelicale della vita superiore.
Søren Kierkegaard
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 1,26-38)
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
Mi lascio ispirare
Ecco l’angelo che arriva, che notizia mi porta? Un germe di vita nuova da serbare nel petto, nel cuore, nel grembo, un germe di vita che mi insegna l’attesa.
Questo raggio di luce inattesa lacera l’ordinarietà del mio quotidiano: «rallègrati», mi dice. Alzo lo sguardo e il mio orizzonte è cambiato. Chiamata per nome, mi riscopro chiamata all’attesa, un’attesa che insieme abito e mi abita, sacro paradosso che mi vuole madre del mio Dio.
Paradosso che valica i miei limiti e li rende strumenti di grazia: fertile nella mia solitudine, fertile nella mia umiltà, fertile nella mia piccolezza, eccomi.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quale notizia di vita nuova sto aspettando?
Quale annuncio mi ha portato grande gioia?
Quale paura rischia di bloccare lo sbocciare della vita nuova?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
24
Dicembre
2023
Sacro paradosso
commento di Lc 1,26-38, a cura di Verena M.