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E mai ti sei sbagliata,
solo una volta, una notte
che t’invaghisti di un’ombra
l’unica che ti è piaciuta.
Un’ombra pareva.
E volesti abbracciarla.
Ed ero io. Se mi chiamassi, sì,
se mi chiamassi! Io lascerei tutto,
tutto io getterei
Pedro Salinas, La voce a te dovuta
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 10,22-30)
Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Mi lascio ispirare
«Quanto ci terrai ancora in sospeso? Se sei il Cristo, dillo chiaro».
Ho sete di te, Signore, non nascondermi il tuo volto. Ho pregustato il tuo Amore, Signore: torna, torna e dammi ancora i frutti della tua presenza. Voglio seguirti Signore, ma non lasciarmi in sospeso! Dimmi dove sei, dimmi cosa vuoi, dimmi qual è il bene per me ed io ti verrò dietro. Non lasciarmi in questo equilibrio fragile, a metà fra assenza e presenza, fra esperienza e dubbio!
È la stessa danza del Cantico dei Cantici, la stessa tensione che attraversa per intero la storia della salvezza fino a ciascuno di noi: questo perdersi e ritrovarsi, questo cercarti ed essere cercati, questo desiderarti e dimenticarti.
Perché? Perché il Signore non interrompe quello che ci sembra solo un inutile girovagare e non viene a spiegarci per filo e per segno il suo progetto di Salvezza? Perché a volte ci ama in maniera tanto discreta da non farsi riconoscere? Perché da risorto non si è manifestato a tutti? Perché non viene a mettere la sua ultima parola di bene su tutte le croci, su tutte le ferite aperte? Forse è davvero il Dio dell’Assurdo…
Forse non vuole la nostra obbedienza riconoscente ma il nostro amore libero, e per farsi incontrare preferisce affidarsi alla debolezza della nostra testimonianza piuttosto che alla forza di suoi trionfi incontrovertibili.
Oppure, come risponde Gesù, abbiamo già avuto tutte le risposte che chiediamo eppure non ce ne rendiamo conto. Molti segni ci testimoniano Cristo, ma senza l’intimità che viene dall’andare dietro a lui rischiamo di scambiarli per altro, di non riconoscerlo. Ecco il paradosso. Vorremmo sempre prima avere la sicurezza di aver trovato il Cristo giusto e solo dopo metterci a seguirlo; a volte però ci sarà prima da seguirlo, con la fiducia che in lui non può accaderci nulla di male, e solo dopo – da dentro il gregge – potremo riconoscere la sua voce.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quando ti è capitato di chiedergli «quanto mi terrai ancora in sospeso»?
In che modo si è già fatto presente o come hai riconosciuto la sua voce?
Per che cosa oggi il Signore ti chiede di anticipargli la tua fiducia?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
10
Maggio
2022
Dio dell’Assurdo
commento di Gv 10,22-30, a cura di Harambet