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Tanto d’amore viene
e sostiene. Niente che resti
non amato.
Mariangela Gualtieri
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 15,9-17)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».
Mi lascio ispirare
«Niente che resti non amato». È veramente possibile una cosa del genere? Guardo dentro il mio cuore e mi rendo conto che la mia tristezza viene da alcune parti della mia vita che non sono capace di amare, non riesco ad accogliere del tutto quel fratello da cui mi sento giudicato, quello che mi ha ferito o che ho ferito, non riesco ad amare del tutto neanche me stesso.
Mi fermo sulla parola comandamento, che oggi torna tante volte.
Questo imperativo mi sta stretto associato all’amore, mi disturba, ma vedo che si affianca subito alla parola Padre. Cosa fa un Padre se non tentare in tutti i modi di trasmettere ai suoi figli le cose più importanti, la sua esperienza, per il nostro bene?
Allora mi rendo conto che nella mia povertà è il Suo sguardo che arriva per primo ad amare lì dove proprio non riesco ad arrivare, viene per me, per te. Ha dato la vita per un “noi”, questo ci accomuna. C’è un amore che “passa” non nel senso che finisce, ma che ti attraversa, ti cambia, e che non puoi trattenerti dal riversare su chi ti è accanto perché a sua volta lo riversi. Il paradosso è che, proprio in questo passare, resta.
È la sola cosa che resta, l’amore che dal Padre va al Figlio, e a noi figli e fratelli e poi ancora torna al Padre. Senza forme malsane di dipendenza, non è richiesta nessuna cieca obbedienza, ma la trasparenza del poter rinunciare volontariamente ad ogni forma di potere e di difesa per amore, nella libertà dell’amicizia. Da pari a pari, un restituirsi continuamente a Dio che dà la vita, finché non ci rendiamo conto che ogni cosa abita già nel Suo amore.
È da scoprirlo, da ricordare insieme, ascoltandoci, sottovoce, ad alta voce, con un gesto, un tenersi per mano, un abbraccio, il nostro compito è solo questo: non trattenerlo.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
E a te cosa resta?
Quale parte della tua vita non stai amando e vuoi chiedere di imparare ad amare?
Dove senti che si affollano tutte le tue resistenze ad amare gli altri, che ti suona come un “dovere” che ti impedisce di restare?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
14
Maggio
2021
La sola cosa che resta
commento di Gv 15,9-17, a cura di Caterina Bruno