Foto: Josh Appel -
La prudenza è la maschera dellʼastuzia. O nessuna delle due è virtù, o entrambe.
Iginio Ugo Tarchetti
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 16,1-8)
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. Lʼamministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie lʼamministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dallʼamministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili dʼolio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quellʼamministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».
Mi lascio ispirare
Le parabole, nel linguaggio di Gesù, sono un modo di comunicare attraverso la vita quotidiana aspetti del regno di Dio. Quella di oggi si serve della finanza del tempo, dove i ricchi proprietari terrieri affidavano ad amministratori i loro beni.
Oggi, come allora, le questioni economiche sono di frequente poco limpide. L’amministratore in questione non fa bene il suo lavoro, di fronte alla possibilità di essere licenziato cerca almeno di salvare la relazione con i debitori del suo padrone, affinché una volta disoccupato, possa ritrovarsi degli amici che lo aiutino. Ciò che detrae ai debitori è infatti il suo compenso e non quanto spetta al capo.
Gesù ci invita, attraverso l’uomo ricco, a guardare il positivo di questo affare disonesto: la scaltrezza dell’amministratore. È un invito a reagire – anche con prontezza, con scatto – di fronte alle difficoltà di sempre.
I figli della luce – tradizionalmente i cristiani – rischiano di piangersi addosso nelle loro miserie senza attivarsi per uscirne, senza chiedere aiuto.
I figli di questo mondo – rappresentati dall’amministratore – sanno fare rete e appoggiarsi.
Con ironia, ma anche con capacità di stupore, Gesù ci chiama a sgranare gli occhi per scoprire i semi del regno nei terreni più impensabili e a tessere una solidarietà che si illumina con le capacità di tutti.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Cosa provoca in me pensare la disonestà e la scaltrezza come degne di lode?
Come vivo il mio essere figlio della luce?
In quali occasioni riesco a stupirmi per i semi del regno nascosti negli ambiti più impensabili?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
6
Novembre
2020
A scuola di economia
commento di Lc 16,1-8, a cura di Giuseppe Amalfa SJ