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La credenza è l’interpretazione culturalmente, psicologicamente e personalmente condizionata della nostra apertura al mistero.
Raimon Panikkar
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 6,39-42)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».
Mi lascio ispirare
Noi non ci vediamo, siamo ciechi. Andiamo in giro senza accorgerci di non vedere e giudichiamo il mondo e gli altri sulla base del poco che riesce a raggiungere il nostro occhio. A volte ci sentiamo anche immuni dalla possibilità di sbagliare su quel che crediamo vero e di cui siamo assolutamente certi.
Gesù ci fa notare che un cieco non può guidare un altro cieco e ci richiama ad un’umiltà di base. Un’umiltà che ci renda consapevoli che i nostri occhi sono esposti alla polvere, alle pagliuzze e anche alle travi. Un’umiltà che ci aiuti a mettere costantemente in discussione le nostre certezze, con lo sguardo e il cuore sempre aperto alla realtà.
È difficile mettere in discussione le proprie certezze. Spesso non siamo disposti a farlo, perché ci costringerebbe ad ammettere che non siamo come quel modello ideale di noi che ci siamo costruiti. Altre volte abbiamo semplicemente paura, poiché se i nostri piedi non poggiano su qualche certezza, il nostro equilibrio vacilla.
Ma non è l’abbandono radicale di ogni certezza che Gesù ci chiede. Piuttosto ci invita a quell’atteggiamento di fondo, umile, che ci faccia guardare senza pregiudizio, con gli occhi sempre totalmente aperti, agli altri, al mondo e a noi stessi. Questa apertura è fede.
Questa scoperta non è per giudicare noi stessi o gli altri perché non sono all’altezza delle nostre aspettative. Questa scoperta su noi stessi è la provocazione che ci invita ad andare più a fondo, per risalire alle esigenze profonde, elementari, dell’anima.
Allora pian piano iniziamo a unire i puntini, abbandoniamo progressivamente le idee preconcette per trovare una verità più grande su di noi e sugli altri. Scopriamo progressivamente il disegno che siamo chiamati a realizzare e in esso – e nel gusto che si porta appresso – cogliamo i criteri del nostro agire, affondiamo le radici.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Cos’hai provato quando ti è capitato di sbagliare su qualcosa di cui eri assolutamente certo?
Come reagisci a un ammonimento?
In quali contesti sei riuscito a mettere in discussione, senza paura, le tue certezze?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
11
Settembre
2020
La luce umile della fede
commento di Lc 6,39-42, a cura di Ettore Di Micco