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La tenebra è solo una grande domanda di luce
Alda Merini
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 12, 44-50)
In quel tempo, Gesù esclamò: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».
Mi lascio ispirare
Ci sono passaggi del vangelo che escono fuori dal politicamente corretto, sui quali la preghiera può ingorgarsi. Come oggi: «Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno».
Gesù è venuto a salvare, a donare la vita eterna e lo fa dalla comunione col Padre, il condannare non gli appartiene. Mi chiede solo una cosa: credere. Ovvero gettarmi disarmato nel suo cuore – trafitto per diventare la mia casa –, affidarmi al suo abbraccio di misericordia, addormentarmi cullato dalla musica delle sue parole. E altro ancora possa suggerirmi la vita trascorsa con lui…
Tuttavia se – liberamente – rifiuto questo piano d’amore, se oppongo resistenza al lavoro interiore della parola eterna che mi vuole liberare dalla morte, già mi autocondanno.
Quella parola, a cui ho chiuso la porta, si fa condanna quando decido di castrare in me l’eterno
fluire della salvezza, quando muore sterile sulla pelle impenetrabile di un cuore di pietra.
Da Gesù siamo solo condannati alla luce, quella stessa che anche oggi mi libera dalla stretta delle tenebre, quella luce che dolcemente mi risveglia dopo ogni notte, quella luce che ha sempre acceso scintille nelle fredde brughiere della mia solitudine.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Cos’è per me credere? Posso provare a farne una personale definizione…
Oggi Gesù viene anche per me. Cosa posso chiedergli?
Quando ho opposto resistenza al piano di salvezza di Dio?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
6
Maggio
2020
Condannati alla luce
commento di Gv 12, 44-50, a cura di Giuseppe Amalfa SJ