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Quanto più a fondo vi scava il dolore, tanta più gioia potete contenere.
Kahlil Gibran
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 16,16-20)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire». Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».
Mi lascio ispirare
Gesù sta insegnando una nuova dottrina teologica che lo riguarda, il cui contenuto è particolarmente ostico. Potrebbe trattarsi di un insegnamento sul Messia, sulla Trinità, sullo Spirito Santo? Ma quello che più incuriosisce è il fatto che la replica di Gesù sembra toccare altre corde: piangere, gemere, rallegrarsi, tristezza e gioia… È attraverso questo tipo di esperienze che passa il vederlo o meno!
Il riconoscerlo, l’essere con Lui, il poter godere di una Sua vicinanza, non significano possesso, conquista, garanzia; tocca passaggi, cambiamenti, situazioni diverse da attraversare nel quotidiano.
La gioia del risorto – quella pace che non coincide con quella che può dare il mondo – riguarda itinerari da compiere, piccole e grandi morti da attraversare, rinnovata fiducia da dare alla vita nei tanti modi in cui ci interpella, desiderio di coinvolgersi sempre più quella possibilità di amare che è donare senza chiedere nulla in cambio.
Il mistero pasquale non è (solamente) una dottrina – che riguarda Gesù – e che siamo invitati a credere, bensì il cardine della vita del discepolo da sperimentare e scoprire come vero.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In che occasione mi è sembrato di non capire le parole del Signore?
A cosa mi sento chiamato a credere?
Cosa mi fa sentire coinvolto nell’amore del Signore?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
30
Maggio
2019
Attraversa la vita!
commento di Gv 16,16-20, a cura di Iuri Sandrin SJ