Confine è, letteralmente, cum-finis, ciò che mi separa e nel contempo ciò che mi unisce, che ho in comune con l’altro
Stefano Allievi
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 6,24-34)
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona. Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena ».
Mi lascio ispirare
Quando non prendiamo decisioni chiare ci troviamo di fronte a due porte e non sappiamo quale chiudere e quale tenere aperta, ma questo gioco di volerne tenere aperte due contemporaneamente ci porta a vivere una scissione interiore. Quante volte ci capita di voler tenere insieme quello che ci fa più comodo? Da una parte esaltiamo il positivo di ciò che a noi fa comodo, e dall’altra, invece, tendiamo a negare fortemente gli aspetti positivi e che amiamo.
Gesù non a caso utilizza la parola”mammona”, che indica ciò in cui l’uomo mette la propria fiducia. Quando entriamo in questo gioco pericoloso diventiamo irriconoscibili, convinti di essere nel vero, di aver fatto scelte responsabili. In realtà, conduciamo una vita «apparente» dove tutto è contaminato dalla menzogna, necessaria amica per mantenere in piedi il nostro castello e viviamo nel terrore che chi conosce la verità possa smascherarci. Mammona compie spesso la sua azione più devastante in campo religioso. E quando c’è di mezzo mammona Dio scompare anche se resta l’etichetta.
Quando ci ritroviamo in questo groviglio nasce la preoccupazione che rende le persone irrequiete e non le lascia mai riposare. Il preoccuparsi offuscato dall’ansia offusca lo spirito. Se, invece, ho fiducia in Dio, provvederò lo stesso al futuro, ma non agirò in maniera irrazionale. La paura mi spinge a fare cose insensate e ricercare sicurezze assurde, mentre la fiducia mi fa vivere consapevolmente nell’attimo, con attenzione e scrupolosità.
Ed è interessante che il riferimento è alla vita, al vestito e al cibo. Tre ambiti che ci parlano del nostro essere limitati. La mia vita è limitata, non posso trattenerla. Mangiare è riconoscere che ho bisogno di qualcosa al di fuori di me per poter vivere; vale a dire, è riconoscere che non sono autosufficiente ma che ho un limite, un confine: ho la debolezza di dover mangiare. Infine, il vestito è l’interpretazione del proprio limite. Con il vestito dico a me stesso e agli altri chi sono, come mi trovo con il mio limite.
Gesù viene a dirci: “non preoccuparti del tuo limite perché il tuo limite lo assumo io, me ne faccio carico e sono davanti a te come colui che ti consente di vivere perché ti amo (tu non morirai)”.
La vita ci è garantita da Dio stesso.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In chi o cosa ripongo la mia fiducia?
Mi preoccupo dei limiti personali tanto da farne un affanno?
Accolgo il «ti amo» (tu non morirai) che Dio mi rivolge?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
23
Giugno
2018
La ricchezza del limite
commento di Mt 6,24-34, a cura di Claudio Rajola SJ