Dammi Tu la forza di cercare. Davanti a Te sta la mia forza e la mia debolezza: conserva quella, guarisci questa.
Agostino
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 1,35-42)
Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: “Ecco l’agnello di Dio!”. E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: “Che cosa cercate?”. Gli risposero: “Rabbì – che, tradotto, significa Maestro -, dove dimori?”. Disse loro: “Venite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: “Abbiamo trovato il Messia” – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: “Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa” – che significa Pietro.
Mi lascio ispirare
Se vuoi trovare qualcosa, il modo migliore è iniziare a cercare! Forse non troverai esattamente quello che cercavi, ma almeno avrai vissuto.
Una parola bella e un po’ strana che illustra i vantaggi del darsi comunque da fare è serendipità! È una parola che viene dall’antico nome dello Sri Lanka (Serendip) e indica la fortuna di trovare qualcosa mentre se ne sta cercando un’altra. Forse con Dio non possiamo fare a meno di affidarci alla serendipità, perché Dio ci sorprende sempre, non si lascia contenere nelle nostre previsioni, non possiamo mai sapere esattamente quello che stiamo cercando: «se lo comprendi, non è Dio», diceva Agostino.
Forse per questo i Vangeli iniziano sempre con qualcuno che cerca, ma che non sa bene quello che sta cercando: Matteo inizia con i Magi che seguono una stella improbabile, Marco inizia con Giovanni Battista che aspetta un Messia diverso da quello che viene a farsi battezzare da lui, Luca intraprende indagini da storico professionista e Giovanni ci presenta dei discepoli impacciati che non capiscono bene dove stanno andando.
Eppure, tutti cercano. I Vangeli ci suggeriscono così l’atteggiamento fondamentale di chi vuole trovare Dio: cercare!
Il testo di Giovanni si sviluppa dentro un gioco di sguardi e di parole non comprese: prima Giovanni Battista fissa lo sguardo su Gesù, dopo è Gesù stesso che fissa lo sguardo su Simone. E dentro quegli sguardi ci sono parole oscure: Giovanni Battista dice che Gesù è l’agnello, una metafora audace, che forse avrà generato nei discepoli ricordi antichi (l’agnello della cena Pasquale o l’agnello offerto in sacrificio al Tempio?), ma certamente non sono ancora pronti a comprendere perché Gesù sia l’agnello di Dio. Così come è altrettanto difficile per Simone accettare di essere chiamato pietra, probabilmente Simone si è sentito svelato, si è accorto forse che quella parola toccava un aspetto profondo della sua vita.
Comunque sia, l’agnello e la pietra sono parole che evocano qualcosa che non è ancora chiaro.
Mettersi a cercare vuol dire lasciarsi spingere da parole che non sono ancora del tutto comprese. Chi pretende di partire solo quando la strada è completamente sgombra e lineare, probabilmente non si muoverà mai.
Per strapparci al nostro immobilismo, Gesù ci invita a riconoscere il nostro vuoto, quello che non abbiamo. Quest’assenza prende anche il nome di desiderio. Ci mettiamo a cercare perché desideriamo qualcosa che non possediamo ancora: e siccome Dio non possiamo mai possederlo, non possiamo fare altro che cercarlo ancora, continuamente. Nel Vangelo, Gesù rivolge spesso questa domanda: cosa cerchi? Cosa vuoi che io ti faccia? Vuoi guarire? Il desiderio di Gesù è dare una risposta al vuoto che ci abita.
Come i primi discepoli, anche noi cerchiamo risposte. Eppure la vita ci spinge a non abitare le definizioni, meno che mai con Dio.
Questi primi due discepoli non chiedono a Gesù un insegnamento, una verità stabile, forse perché sono un po’ sorpresi e impacciati dall’iniziativa di Gesù: è lui stesso infatti che si volta verso di loro, è lui che li invita a prendere consapevolezza della domanda che si portano nel cuore.
L’unica cosa che sanno chiedere è una relazione! Il luogo in cui abitiamo parla di noi, dice chi siamo. La casa è il luogo dove si diventa familiari. Quando una relazione diventa profonda, ti senti anche libero di invitare qualcuno a casa tua.
Sebbene uno dei due discepoli ricordi perfettamente persino il momento del giorno in cui è avvenuto quell’incontro (erano circa le quattro del pomeriggio), il testo non ci dice dove abita Gesù. Quel luogo rimane incerto, perché ci sono tanti possibili luoghi in cui possiamo incontrare Gesù. Dio non si lascia racchiudere dentro le nostre esperienze.
I due discepoli non si fermano per sempre nella casa con Gesù: escono di nuovo. La relazione con il Signore, se è un incontro autentico, ci apre all’annuncio: c’è sempre un fratello da portare a Gesù. Andrea cerca Simone. E attraverso questi incontri la vita cambia. Simone diventa Cefa. È la vita che abbiamo messo in moto con i nostri desideri e che non lascia inalterata la realtà che attraversa. Forse non tutto cambierà immediatamente, ma almeno avremo avviato un processo.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Dove stai cercando Dio in questo tempo della tua vita?
Cosa ha generato in te l’incontro con il Signore?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
14
Gennaio
2018
Qualcosa troverò! – Occasioni da non perdere negli outlet della vita
commento di Gv 1,35-42, a cura di Gaetano Piccolo SJ