Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo ()
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
Mi lascio ispirare
Sopravvivi se non (ti) fai domande (?)
Meditazione
per la III domenica di Avvento anno B
17 dicembre 2017
C’era una volta un punto
interrogativo, un grande curiosone
con un solo ricciolone,
che faceva domande
a tutte le persone,
e se la risposta
non era quella giusta
sventolava il suo ricciolo
come una frusta […]
Da G. Rodari, Il punto interrogativo
La realtà continua a farci domande, ci chiede di scegliere. E, attraverso le nostre scelte, veniamo fuori per quello che siamo. È un compito al quale non possiamo sottrarci.
Proprio da questa ineluttabile chiamata a manifestare chi siamo, deriva quel desiderio di fuga che di tanto in tanto attraversa la nostra vita: quante volte, come Mattia Pascal, nel romanzo di Pirandello, ci sopravviene il pensiero di uscire di casa per non ritornare più, quante volte ci siamo sentiti inadeguati alle richieste del mondo, quante volte avremmo voluto far perdere le tracce dei nostri fallimenti.
Ascoltando le persone nella direzione spirituale, quando raccontano i loro vissuti faticosi, il sentimento che emerge dalle loro parole è un profondo desiderio di fuga. Eppure, le domande che la realtà ci pone, per quanto scomode, ci aiutano a costruire il nostro vero profilo. Non quello finto, che tutti, inevitabilmente, ostentiamo sui nostri social, non quello che costruiamo solo con le nostre immagini sorridenti, dopo essere stai dal parrucchiere o dopo aver costretto la nonna ad abbracciarci pur di postare una foto a effetto-tenerezza, ma il profilo autentico, quello costruito con le nostre risorse autentiche e con i nostri fallimenti, con i successi e con i dubbi.
Giovanni Battista è l’uomo che non ha paura di lasciarsi interrogare dalla realtà e di lasciarsi vedere per quello che è: riconosce i suoi limiti («Non lo sono»), ammette di non essere il protagonista («Io sono voce di uno che grida…»), confessa di dipendere da un altro («non sono degno di slegargli il laccio dei sandali»).
Rispetto al narcisismo galoppante dei nostri tempi, in cui dobbiamo essere per forza noi al centro dell’attenzione, in una cultura del protagonismo, in cui valiamo solo se siamo al vertice della piramide, Giovanni Battista si presenta come l’anti-narciso, colui che sa riconoscere la differenza tra sé e gli altri, colui che sa riconoscere il proprio ruolo nel servizio per un altro: egli non è la luce, ma il testimone della luce; non è lo sposo, ma l’amico dello sposo; non è la Parola, ma la voce della Parola.
Giovanni Battista trova la proprio identità nel servizio affinché qualcun altro possa svolgere il proprio ruolo. Un’immagine molto lontana da una cultura come la nostra malata di protagonismo.
Giovanni Battista è l’uomo che non ha bisogno necessariamente di stare al centro della scena: sa farsi da parte, va nel deserto, non rimane nel tempio del potere e delle sicurezze. Si allontana fino al punto da rischiare di non essere visto.
E proprio in questo modo riesce a mettere in moto una rivoluzione culturale. Giovanni Battista è infatti un contestatore, uno che con la sua vita sa mettere gli altri in discussione, la sua vita suscita domande: Giovanni Battista non indossa le vesti sacerdotali, sebbene ne avesse il diritto per la sua appartenenza alla casta sacerdotale; non abita i luoghi previsti per un sacerdote; pone lui stesso domande piuttosto che dare risposte preconfezionate. Giovanni appare vestito in maniera essenziale affinché la sua persona non copra il messaggio: ciò che è più importante è la parola che porta, non la sua persona.
All’inizio del Vangelo di Marco, dunque, i farisei, con i sacerdoti e i leviti, hanno il coraggio di porre domande e di cercare la verità, ma pian piano, lungo il Vangelo, scoprendo che si tratta di una verità scomoda, smetteranno progressivamente di fare domande. Forse anche noi siamo diventati un po’ timorosi di porre domande, ci accontentiamo di quello che sappiamo o di quello che ci viene detto, abbiamo rinunciato a cercare, non usiamo più il punto interrogativo, l’abbiamo sostituito con il suo acerrimo nemico: abbiamo solo certezze, diamo solo ordini, non chiediamo più un parere, ma dispensiamo solo consigli, siamo tutti diventati appassionati utenti del punto esclamativo!
Leggersi dentro
– Nelle tue relazioni più significative, ti lasci vedere per quello che sei?
– Nelle tue giornate, usi qualche volta il punto interrogativo o lo hai archiviato?
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
17
Dicembre
2017
17/12 – La solitudine del punto interrogativo.
commento di , a cura di Rete Loyola (Bologna)