Cry me a river.
(Arthur Hamilton)
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 19, 41-44)
In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».
Mi lascio ispirare
Gesù ferma i suoi passi alla vista di una Gerusalemme chiusa, ostile, che non ha riconosciuto la sua chiamata ad essere luogo di pace e vita e perciò destinata a cadere pietra dopo pietra. Gesù la vede e, come si fa con chi si è amato un tempo e per caso si rivede tra la folla, la abbraccia con sguardo pregno d’amore e le parla, mentre piange per il suo destino. Non c’è rabbia in quelle lacrime, solo amore infinito, eternamente donato e gratuito.
Gerusalemme siamo tutti noi ogni volta che voltiamo le spalle a chi siamo, a ciò cui il Signore ci chiama, perché non lo riconosciamo – e allora il vuoto, la sterilità, il disordine ci riempiono. Siamo noi tutte le volte che ci chiudiamo a quell’amore che crediamo di dover meritare – quando invece c’è solo da accogliere. Siamo noi ogni volta che per paura non ci facciamo abbracciare dal Signore, non gli permettiamo di toccarci.
Noi, piccole Gerusalemme, abbiamo e avremo sempre due occhi che piangono amore per noi su di noi. Apriamo le porte, dunque, lasciamo entrare il Signore, lasciamo che Gesù col suo sguardo di amore ci abiti e ci faccia sua Gerusalemme: luogo dell’infinito amore di Dio che, tramite il figlio, si dona per noi.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Sto vivendo delle situazioni in cui non riconosco la presenza del Signore?
Cosa sto cercando di meritare, invece di accogliere?
In quale ambito della mia vita vorrei sentirmi abbracciato dal Signore?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
23
Novembre
2017
Guardami quando ti parlo!
commento di Lc 19, 41-44, a cura di Martina Pampagnin