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L’uomo diventa ciò che attende. Chi attende la morte, diventa suo figlio e produce morte. Chi attende il Signore Gesù, ha la sua stessa vita di Figlio del Padre.
Silvano Fausti SJ
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 12,39-48)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire” e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Mi lascio ispirare
Che bello l’incipit di questo brano evangelico, sono identificato come il padrone di casa… questo sono, questo siamo, non per merito ma per-dono. Non per le nostre qualità o capacità straordinarie, non per le cose che facciamo, siamo eredi di una vitalità che sgorga da dentro, ma proviene dall’Alto! Perciò il ladro viene a scassinare le porte del nostro cuore, per rubare il tesoro, la gioia profonda di essere e vivere da figli/e amati/e.
Per respingerlo, due atteggiamenti di fondo: in primo luogo, essere fedeli al dono che abbiamo ricevuto e che siamo, invitati a non tradire per nessun motivo noi stessi, perché farlo significherebbe tradire Dio e la vita stessa! In secondo luogo, riconoscerci chiamati a sviluppare la prudenza (dal participio presente del verbo latino provìdere), la capacità di prevedere ciò che potrebbe snaturarci. Siamo invitati a giocare d’anticipo, bagnando le polveri che il “nemico” della nostra umanità vorrebbe usare per far detonare il nostro mondo relazionale.
Ma a cosa bisognerà stare particolarmente attenti? Verremo attaccati quando avremmo ceduto alla tentazione di considerare nostre le cose e le persone che avremmo dovuto custodire. Quando saremo tentati di allungare maldestramente le nostre mani per strappare i frutti, quando nei nostri cuori avremmo costruito non giardini aperti da abitare, ma spazi cinti da fili spinati, allora assaporeremo la paura di perdere. Il timore infiammerà la gelosia, l’angoscia e l’ansia faranno capolino ad ogni nostro risveglio e avveleneranno il nostro sonno.
Certamente più cose ci saranno state affidate maggiore sarà il dolore nel vederle scivolar via, più grande sarà il sentimento di esserci persi il bello della vita!
Riapriamo le nostre mani, chiediamo oggi al Signore il coraggio di riconsegnare a lui cose e relazioni, a partire dalle più preziose, per vederle tingersi di divino, perché tutto ciò che è ridonato a Dio è consegnato all’eternità.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quando ti senti “padrone di casa” e quando invece ti senti parte del personale di servizio?
In questo periodo cosa rischia di renderti meno autentico?
Oggi quale relazione senti l’urgenza di rimettere nelle mani del Signore?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
22
Ottobre
2025
Non per merito ma per-dono
commento di Lc 12,39-48, a cura di Narciso Sunda SJ