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Ho fede nei silenzi colti a un passo dal coraggio
Quando cerco di capire il senso del mio viaggio
Ho fede nelle cose che mi aspettano domani
Nelle scarpe che porto, ho fede in queste mani.
Fabrizio Moro, Ho bisogno di credere
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 1,5-17)
Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccarìa, della classe di Abìa, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni. Avvenne che, mentre Zaccarìa svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l’offerta dell’incenso. Fuori, tutta l’assemblea del popolo stava pregando nell’ora dell’incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. Quando lo vide, Zaccarìa si turbò e fu preso da timore. Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccarìa, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elìa, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto».
Mi lascio ispirare
Elisabetta e Zaccaria, mi affido a voi. Leggo la vostra storia e mi accorgo di avere ancora tanto da imparare nella vita, soprattutto per quanto riguarda la sfera dei desideri più profondi del cuore.
Leggo la vostra storia, vi guardo muovere nella vostra vita: tra le strade della vostra città, nella vostra casa, nel tempio. Vi guardo vivere una vita insieme fatta di silenzi carichi di affetto, di gesti di cura, di un legame profondo che si intreccia intorno alle vostre mani che si tengono e vi lega l’uno all’altra: la fede indiscussa nel fatto che Dio vi stia donando il meglio e che se le cose non succedono, bisogna fidarsi di Lui e basta. Vi vedo vivere con un peso sul cuore, che a poco a poco si trasformo in un “pazienza, è andata così” e vi ammiro: nonostante il dolore potrebbe trasformarsi in risentimento, voi continuate ad essere giusti di fronte a Dio. E a poco a poco il tempo passa e il vostro desiderio viene custodito sempre più a fondo nel cuore, così giù che ormai non ci sperate più. Dio avrà altri piani per me, per noi.
E invece no. Quando mollate la presa, quando senza accorgervi fate un po’ più di spazio nelle vostre vite, ecco che Dio vi stupisce: il vostro desiderio sarà esaudito, avrete gioia ed esultanza!
Vi chiedo, Elisabetta e Zaccaria di starci accanto: insegnateci l’arte della fede profonda, insegnateci ad affidarci a Dio anche quando sembra portare frutto. Insegnateci a continuare a pregare per ciò che desideriamo nel profondo del cuore, perché come voi possiamo un giorno vedere il frutto della nostra preghiera, vivere di gioia ed esultanza.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Qual è il desiderio più profondo che abita il tuo cuore?
Come vivi la tua fede quando il peso dei desideri che non si realizzano si fa sentire?
Quale desiderio affidi oggi al Signore?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
23
Giugno
2025
Tu prega!
commento di Lc 1,5-17, a cura di Martina Pampagnin