Anonimo, San Giovanni Evangelista, secolo XIV, Burgos -
Io ti aspetto e nel frattempo vivo
finché il cuore abita da solo
questo cielo non è poi leggero.
Marco Mengoni, Ermal Meta, Dardust e Michele Iorfida
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 21,20-25)
In quel tempo, Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?». Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.
Mi lascio ispirare
Concludendo il tempo di Pasqua riprendiamo un conto in sospeso che avevamo lasciato aperto durante la sua prima settimana, la conclusione del vangelo di Giovanni.
Il discepolo amato è sullo sfondo, il dialogo si dà ancora tra Gesù e Pietro. Abbiamo davanti due possibilità, che chi prega è libero di seguire: accompagnare ciò che vive Pietro o accompagnare l’altro discepolo. Oggi seguiamo la seconda opzione.
Il primo modo di accompagnare l’amato è tornare alla sua prima apparizione nel Vangelo, durante l’ultima cena, quando si china sul petto di Gesù. Non è necessario aggiungere particolari all’intensità di mozioni che questa scena muove, soprattutto se prendiamo il posto del discepolo per sentire il lievitare del cuore di Gesù…
Dell’amato Gesù ci dice poi che «potrebbe restare finché egli venga». È un’espressione un po’ enigmatica. È necessario ricordare le tante volte in cui Gesù racconta ai discepoli il suo andare dal Padre, un modo per descrivere la resurrezione. Il tema del ritorno di Gesù è più complesso, si mescola con l’invio dello Spirito e con categorie spaziotemporali che sono solo un linguaggio per raccontare l’azione di Dio nella storia.
Il restare dell’amato, invece, possiamo coglierlo in relazione all’altra sua apparizione, quella ai piedi della croce, dove Gesù lo affida a sua madre (e viceversa affida la madre al discepolo), un modo per esprimere la nascita della Chiesa. Nell’amato che resta possiamo ritrovarci dunque tutti noi che ci sentiamo Chiesa, casa di carne che Cristo edifica con le sue ultime parole dalla croce.
Il tempo di Pasqua che si conclude ci invita dunque a misurarci con la vicinanza al cuore di Gesù e alla nostra capacità di restituire quest’esperienza nella comunità.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Come ho vissuto il tempo di Pasqua?
Come mi sento se immagino di prendere il posto dell’amato nella scena in cui si posa sul petto di Gesù?
Come posso descrivere il mio modo di stare nella comunità cristiana?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
7
Giugno
2025
Restare
commento di Gv 21,20-25, a cura di Giuseppe Amalfa SJ