Andrea del Castagno, Cenacolo di Sant’Apollonia, 1447 -
Se non dovessi tornare
sappiate che non sono mai
partito.
Il mio viaggiare
è stato tutto un restare
qua, dove non fui mai.
Giorgio Caproni, Biglietto lasciato prima di non andar via
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 9,14-15)
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».
Mi lascio ispirare
Il digiuno – astenersi dal mangiare un certo tempo, dell’ordine di ore – è anche di moda. Una pratica considerata salutare da molte diete, secondo una logica sapiente di gestione e qualità del cibo che, integrata nel nostro stile di vita, potrebbe farci del bene. Ma in realtà ciò che è in gioco in questi pochi versetti è ben altro: qui il digiuno è solo un aspetto esteriore che richiama un certo modo di vivere la fede, la relazione con Dio.
I discepoli del Battista contrappongono due stili diversi: da un lato l’eccesso di osservanza della pratica e dall’altro la sua assenza. Possiamo immaginare la stessa consuetudine applicata ad altri appetiti, un ventaglio ampio di cose di cui ci nutriamo, affettivamente, intellettualmente, materialmente.
Nella sua risposta Gesù ci riporta al centro di ciò che muove ad astenersi da qualcosa. Sembra che per Gesù il digiuno ha senso per celebrare un’assenza. Un modo anche spontaneo di vivere un lutto: quando ci viene tolto qualcosa di caro, il non mangiare è quasi istintivo. Pensiamo, per esempio, a un adolescente al quale viene proibito di partecipare a una festa: il non mangiare, il non presentarsi ai pasti può essere un modo di denunciare il suo malessere la sua rabbia; o, a un altro livello, qualcuno che sta vegliando un ammalato e si rifiuta di staccarsi da quel letto anche per mangiare.
Ma, al contrario, davanti a una presenza Gesù ci invita a riempirla di ciò che ci nutre. Non a caso la maggior parte dei momenti di festa li celebriamo attorno a una tavola.
In questo ordine di affetti, siamo chiamati a far entrare Dio. Mangiare o non mangiare, astenersi o riempirsi diventano dunque un modo fisico di esprimere la relazione con lui, di farla ancora più incarnata, fatta scendere “nello stomaco”.
Non è un caso se uno dei modi più intimi che la Chiesa ci offre per esprimere la relazione con Dio si dà attraverso la consumazione del suo corpo nel pane dell’eucaristia.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quando è capitato che qualcuno ha fatto a meno di mangiare per me? E viceversa?
In quale occasione la condivisione di qualcosa di materiale è stata fondamentale per far crescere una relazione?
Cosa apporta l’Eucaristia, la possibilità di nutrirsi del corpo di Cristo, alla mia vita?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
7
Marzo
2025
Digiunare l’assenza
commento di Mt 9,14-15, a cura di Giuseppe Amalfa SJ