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Se ognuno di noi non libera la potenza d’amore che è dentro di lui, è colpevole!
Oreste Benzi
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mc 8,14-21)
In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora Gesù li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane. Si accorse di questo e disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». E disse loro: «Non comprendete ancora?».
Mi lascio ispirare
Provo simpatia per i discepoli che si sono dimenticati di prendere il pane. Li vedo chiedersi chi tra loro avesse la responsabilità di prendere l’occorrente per il viaggio. La loro discussione mi pare naturale, quasi inevitabile, e mi verrebbe da dire che non c’è niente di male nel cercare un colpevole. Dopo tutto, si tratta di imparare per non ripetere lo stesso errore. Certamente mi sarei buttato anch’io nella discussione.
Il rimprovero di Gesù mi scuote ed è salutare. Quando, come i primi discepoli, sono preso dal dover risolvere un problema, tutto il resto mi sfugge. Il senso di colpa orienta tutta la mia attenzione su ciò che manca e su che cosa devo o dobbiamo fare per rimediare. Anche se ci fosse una persona che mi invita, con l’autorità di Gesù, a riconoscere delle dinamiche nascoste, non ci farei caso. Ho altro a cui pensare!
Eppure queste dinamiche sono in me, come in ognuno di noi. Alcune portano alla distruzione, che è ben peggio di un giorno di digiuno. L’ipocrisia agisce come un lievito che mi fa vivere per curare la facciata. La sete di potere porta a fare compromessi con la coscienza.
Altre dinamiche rappresentano un espandersi della vita. Vedo un pane, mi dico che è uno solo, che abbiamo dimenticato di prendere i pani, perché ce n’è uno solo e per quanti siamo è come se fosse niente. Eppure quell’uno basta a saziare le moltitudini e ne avanza ancora.
Mi sento allora invitato a passare dal rimediare agli errori, miei o altrui, al riconoscere ciò che ha sostanza, che ha potere di far crescere la vita, e che ci afferra fino a sostituire, gradualmente, la ricerca dell’affermazione e dell’apparenza.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quando ti accorgi di essere troppo focalizzato su qualcosa, che cosa fai?
Chi o che che cosa ha il potere di distoglierti dalle tue discussioni?
Come ti senti quando abbandoni la presa dal tuo problema?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
18
Febbraio
2025
La ricerca del colpevole
commento di Mc 8,14-21, a cura di Stefano Corticelli SJ