Foto di Ilaria Zipponi -
Che cos’è il sigillo della raggiunta libertà? Non provare più vergogna davanti a sé stessi.
Friedrich W. Nietzsche
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mc 6, 53-56)
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono. Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse. E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.
Mi lascio ispirare
Oggi Gesù non dice nulla, eppure dice qualcosa il modo in cui la gente lo cerca. Non c’è più paura o diffidenza o scandalo nei confronti di Gesù, ma desiderio e fermento: tutti si muovono e accorrono per incontrarlo. Possiamo immaginarci la confusione e la concitazione delle persone che si organizzano in fretta e furia per raggiungere Gesù.
Questo è l’effetto che fa il passaggio di Gesù: nessuno prova più vergogna per le proprie malattie, per le proprie debolezze, per le proprie fragilità, per i propri limiti. Non c’è più bisogno di tenerle nascoste agli altri, di provare vergogna, imbarazzo, disagio, anzi: le si portano in piazza, le si mostrano a tutti. Di sicuro in queste persone c’è la speranza di guarigione, la sensazione di non avere più nulla da perdere e di essere disposti a tutto pur di guarire: c’è una spinta che in qualche modo è opportunistica, egoistica. Ma c’è anche la forza e il coraggio di mostrare le proprie debolezze: forse perché solo così si può sapere e sentire di non essere soli nemmeno in queste parti del proprio essere e forse perché solo così si può guarire.
E per guarire, per salvarsi, basta un tocco. Razionalmente può sembrarci stupido pensare che un tocco possa guarire una malattia, ma è tutto quello che sta dietro e prima di questo tocco che porta alla guarigione: il coraggio di mostrare le proprie fragilità e la consapevolezza che Gesù vuole vederle e conoscerle, e che così può amarle e quindi guarirle. La consapevolezza che anche le nostre debolezze, che noi stessi facciamo fatica ad accettare e ad amare, sono volute e amate da Gesù.
Dobbiamo solo riuscire a non vergognarcene, a non nasconderle, e riuscire invece a mostrarle a tutti e a cercare di “toccare” Gesù: di entrare in qualche modo in relazione con lui.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quali sono le debolezze, le fragilità di cui mi vergogno?
In che situazioni mi è capitato di parlare con qualcuno, magari di rendere pubblica, una mia debolezza?
Quando prego, per entrare veramente in relazione con Gesù (e quindi “toccarlo”), gli racconto e gli descrivo le mie fragilità?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
10
Febbraio
2025
Nessuna vergogna
commento di Mc 6, 53-56, a cura di Ilaria Zipponi