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Ci si abbraccia per ritrovarsi interi.
Alda Merini
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 17,11b-19)
In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:] «Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi. Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità».
Mi lascio ispirare
Non c’è fiducia più grande che nel poter consegnare a qualcuno il dolore che ci portiamo dentro. Il dolore è un luogo inaccessibile e inabitabile, lo sento stretto e angusto, soffocante, ma quando si trovano le parole per dirlo, quando dall’altra parte c’è una persona che ci ama davvero, accade che qualcosa cambia.
Queste sono le ultime parole di Gesù, poco prima del Getsemani. Sta prendendo congedo e le sue ultime parole diventano uno spazio sacro, abitato da Dio, e da noi, nella sua preghiera di protezione. Il dolore condiviso è sacro. Così come la felicità, è vera solo se condivisa. Gesù chiede al Signore di custodirci dal male mentre è via. Quello che succederà da questo momento in poi, la sua Passione, morte e Resurrezione, è il modo in cui questa preghiera si compie. Siamo tutti dentro questa preghiera.
Mi sento custodita e raccolta nei miei pezzi da questa preghiera. Ricordo quanto sono stata e sono amata e custodita. So che posso ripararmi nel tuo nome, Padre. Il male, la morte, divide, mentre la verità dell’amore unisce, ci ricompone. Ma che cosa vuol dire essere una cosa sola? Significa che quando stiamo male tu senti quel male con noi, che quando sono felice tu sei felice per me, la mia felicità è la pienezza della tua gioia. E che se mio fratello sta male, io proprio non riesco a fare finta di nulla, in questo amore, nel tuo amore. È più forte di me. È questo che ci fa interi, integri, non divisi. Ciascuno con la bellezza della diversità che porta, nel tuo nome.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Per chi sento la necessità di pregare, chi vorrei affidare oggi al Padre?
Quando mi sono sentito rifiutato, scartato?
E in che luogo mi riconosco intero, felice?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
15
Maggio
2024
Pezzi interi
commento di Gv 17,11b-19, a cura di Caterina Bruno