Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
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di P. Gaetano Piccolo, gesuita Un giorno rabbi Joshua chiese a rabbi Geremiah: «Quanto tempo ci mettiamo io e te per attraversare il deserto del Sinai?». Questi rispose: «15 giorni a piedi, con qualche sosta anche un mese…». «Ma allora – incalzò rabbi …
Mi lascio ispirare
di P. Gaetano Piccolo, gesuita
Un giorno rabbi Joshua chiese a rabbi Geremiah: «Quanto tempo ci mettiamo io e te per attraversare il deserto del Sinai?».
Questi rispose: «15 giorni a piedi, con qualche sosta anche un mese…».
«Ma allora – incalzò rabbi Joshua – perché il popolo eletto ha impiegato 40 anni?».
«Non saprei…», fece l’altro. Rispose rabbi Joshua:
«Perché vagare nel deserto per 40 anni era necessario per poter interiorizzare un Assoluto senza confini».
Cit. in G. Grandi, Generazione Nicodemo. L’età di mezzo e le stagioni della vita, p.7.
Gv 3, 16-18
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
C’è sempre un’età di mezzo, un momento della vita in cui decidi di chiudere un capitolo e di cominciare a scriverne un altro. E in genere dietro il desiderio di un nuovo inizio c’è la consapevolezza che è ormai tempo di amare in un modo diverso. In fondo è proprio questo desiderio che ci fa passare da un’età all’altra della vita.
E Nicodemo con la sua inquietudine e le sue domande sembra proprio l’esempio di chi sta tentando di scrivere un nuovo capitolo nella sua vita: non si tratta né di un adolescente né di un giovane, ma di uno che si è ormai costruito un’identità e un ruolo, uno che accetta la sfida di trasformare il suo modo di amare. Non a caso l’evangelista Giovanni ci farà notare che quell’inquieto e incerto Nicodemo sarà alla fine tra i discepoli di Gesù, mettendo in luce il cammino e la trasformazione avvenuta dentro di lui.
Nicodemo è un fariseo, ma nonostante ciò non è irrigidito nella sua conoscenza della legge. È rimasto un uomo curioso, un uomo che si interroga, un uomo che non dà le cose per scontato. E proprio questa è la molla del cambiamento!
Va da Gesù di notte: forse per paura, forse non vuole essere visto, probabilmente teme il giudizio, sa che potrebbe non essere capito, c’è un po’ di imbarazzo o forse semplicemente non aveva tempo di andare da Gesù di giorno. O più probabilmente quella notte è l’immagine della sua notte interiore, dell’oscurità in cui vive, del suo bisogno di fare luce. Nicodemo è nella notte e cerca Gesù, la luce! Come la notte di Lucia e dell’Innominato nel cap. 21 dei Promessi Sposi di Manzoni.
I passaggi della vita sono spesso momenti di oscurità, in cui non sappiamo ancora bene ciò che vogliamo diventare: quale sarà il nostro nuovo modo di amare? Lo vogliamo veramente?
La notte di Nicodemo è fatta anche di equivoci: è come se Nicodemo non riuscisse ad entrare nella logica di Gesù. E l’equivoco nasce dall’incapacità di Nicodemo di abbandonare i suoi schemi. Nicodemo continua a rileggere le parole di Gesù a partire dai significati che è solito dare alle cose. Un grande ostacolo all’amore è l’incapacità di mettersi nei panni degli altri. Un grande ostacolo al cambiamento è la rigidità dei ruoli nei quali ci siamo rifugiati.
E l’equivoco principale, la parola che Nicodemo fa più fatica a comprendere, è proprio quella che riguarda la possibilità di nascere di nuovo. L’uomo contemporaneo, come il Nicodemo della prima ora, pensa al rinascere come una coazione a ripetere, come la ricerca di nuovi stimoli, come l’ansia nel cercare motivazioni nuove per crescere professionalmente o come bisogno di trovare relazioni nuove, spinte per continuare ad essere felici. Tutto questo è davvero molto triste.
Rinascere per Gesù è decidere di amare in modo nuovo perché la vita te lo chiede. È la realtà, come dice Viktor Frankl, che ha sempre, generosamente, un compito per noi. Rinascere è essere generati, non partorire! È la vita che mi trasforma. Rinascere è stare dentro questo movimento divino che mi spinge di nuovo fuori.
Grazie a Nicodemo, insieme con lui, impariamo qualcosa su Dio: è il Figlio che viene ad abitare in noi, il Figlio che il Padre ha generato. Il Figlio è il dono che abita in noi e di cui lo Spirito ci rende consapevoli. Rinascere vuol dire amare in modo nuovo, ascoltando la voce dello Spirito, che ci ricorda quello che il Figlio ci ha insegnato. Rinascere vuol dire farsi abitare dalla Trinità. Lasciarsi trasformare. Il vero peccato è impedire alla Trinità di trovare spazio in noi.
Rinascere è decidere di nuovo di se stessi, decidere di nuovo come rispondere a ciò che la vita oggi mi chiede.
Leggersi dentro
– In quale fase della vita senti di essere? Sei in un passaggio o in un inizio?
– Qual è il tuo modo di amare oggi?
Buona giornata!
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
15
Giugno
2014
GET UP AND WALK 15/06 Gv 3,16-18 RINASCERE: rinascere nei passaggi della vita
commento di , a cura di Rete Loyola (Bologna)