- 02.01 - Tu-chi-sei
Gli altri possono darti un nome o un numero, ma non possono mai dirti chi tu realmente sei. Quello è qualcosa che puoi scoprire solo tu stesso dal tuo interno.
Thomas Merton
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 1,19-28)
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elìa?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elìa, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
Mi lascio ispirare
“Tu, chi sei?”: la domanda che sacerdoti e levìti rivolgono a Giovanni è una domanda tanto legittima quanto inappropriata. Fosse facile rispondere! Come se uno lo sapesse in modo inequivocabile. Se ponessero a te la stessa domanda sapresti rispondere senza esitazione? Ogni tentativo di risposta sarebbe inadeguato.
Questo perché quando ci definiamo, lo facciamo, spesso inconsapevolmente, all’interno di un campo relazionale dentro il quale viene formulata a domanda. Anche quando abbiamo la pretesa di definirci in modo assoluto, lo facciamo sempre implicitamente a partire da un sistema di riferimento. Non esiste una definizione assoluta di noi stessi. Da qui nascono malintesi e ambiguità, quando ciascuno parla a partire dal proprio sistema di riferimento e non coglie che l’altro sta ascoltando a partire da un altro punto di vista.
Giovanni nel pieno della sua consapevolezza blocca in partenza questo malinteso. Attraverso risposte per negazioni successive: non sono il Cristo… non sono Elia… non sono il profeta, smonta le precomprensioni dei suoi interlocutori e li costringe a riformulare la loro domanda. Non più “Chi sei tu?”, bensì: “Cosa dici di te stesso?”, dove è più chiaro l’invito a specificare anche il sistema interiore a partire dal quale Giovanni si comprende.
Ora Giovanni può presentarsi, rivelandosi a partire da come lui si comprende, non da come gli altri vogliono inquadrarlo. Giovanni “sa” chi è di fronte alla gente perché “sa” collocarsi di fronte a Dio. Nella consapevolezza del suo essere, diventa libero di essere ciò che è. E come dice l’etimologia del suo nome, questo è dono di Dio…
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
E tu, cosa dici di te?
A partire da quale contesto ti definisci implicitamente?
In quali altri modi puoi definire chi sei? Osserva come cambiando prospettiva cambia la percezione di te…
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
2
Gennaio
2024
Cosa dici di te stesso?
commento di Gv 1,19-28, a cura di Flavio Emanuele Bottaro SJ