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Sono nato pronto.
Jack Burton in Grosso Guaio a Chinatown
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 21, 28-32)
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Non ne ho voglia. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».
Mi lascio ispirare
Oggi Gesù evidenzia come, in fin dei conti, spesso chi si professa grande credente (come gli anziani e i sacerdoti con cui sta parlando) ha in mente un’immagine ideale di sé forte e perfetta da mostrare a Dio, agli altri e anche a sé stessi. È il caso del secondo figlio della parabola, che non a caso chiama Dio «Signore», fondando il suo rapporto con lui sulla paura e sul sospetto; da questo certamente non può scaturire granché in termini di vita e servizio, e infatti non andrà a lavorare nella vigna.
Il primo figlio, invece, è cosciente di essere un po’ fragile, di non riuscire sempre in tutto, di non poter piacere a tutti; è una persona che si permette di avere emozioni e affetti, che non sempre si riescono a controllare, e infatti è molto spontaneo nel suo dire «non ne ho voglia».
Nel suo tipico ribaltamento Gesù valorizza molto di più chi crede e spera nonostante dubbi, errori e consapevolezza della propria imperfezione. Prostitute e pubblicani sono coloro che fanno i conti con la sete di potere, di sesso e di soldi; ma sono questi che riconoscono in questa sete un grande bisogno di affetto, e proprio per questo possono chiamare Dio «padre».
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
E tu come chiami Dio?
C’è uno dei due figli in cui ti riconosci maggiormente? Come ti fa sentire?
Che cosa vede Dio nella tua umanità?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
1
Ottobre
2023
Quale umanità?
commento di Mt 21, 28-32, a cura di Federico Parise SJ