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Quanto pesa una lacrima?
La lacrima di un bambino capriccioso
pesa meno del vento,
quella di un bambino affamato
pesa più di tutta la terra.
Gianni Rodari
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 6,51-58)
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Mi lascio ispirare
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue… Chi è che è invitato a mangiare la sua carne e bere il suo sangue? L’umanità intera! Ma quante volte ci sottraiamo a questo dono indicibile perché sottomessi ai nostri “non sono degno”, “magari un’altra volta”, “non ne ho bisogno”… In queste circostanze ci sottraiamo alla nostra umanità, pensando di non aver bisogno di mangiare, di non aver bisogno di Gesù e dell’amore, perché bastiamo a noi stessi. Ma in realtà diventiamo schiavi delle circostanze, di cose momentanee che diventano le nostre priorità e ci sottraggono alla nostra umanità. Ci fanno dimenticare ciò che ci costituisce: il bisogno di essere amati.
…ha la vita eterna, rimane in me e io in lui. Se invece ci riconosciamo nel nostro naturale bisogno d’amore e ci presentiamo davanti all’altare con la nostra pochezza, offrendoci al Signore, semplicemente, portandogli i nostri affanni e paure, allora in quell’istante Gesù ci dà tutto: la vera vita. Ci restituisce la nostra essenza di piccoli uomini e donne, sì, ma amati all’infinito. E allora, onesti con noi stessi nell’accettare che siamo per natura salvati e bisognosi d’amore, proveremo quella gioia che Gesù promette: rimanere in Lui per sempre. È la gioia dello stare in ginocchio davanti al tabernacolo così come siamo, gioia dello stare in un abbraccio di un familiare o di un amico, gioia dello stare nelle situazioni faticose sapendo di non essere soli, gioia dello stare nei momenti felici sapendo che sono donati. E allora rallegriamoci!
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quando mi è capitato di sottrarmi all’amore?
Quali sono le mie priorità? Come le vivo?
Cosa provoca in me lo stare nudo come sono davanti al Signore?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
11
Giugno
2023
Riconoscersi bisognosi
commento di Gv 6,51-58, a cura di Suore Ausiliatrici