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Per noi guarire non è solo prescrivere medicine e terapie, ma lavorare insieme condividendo tutto in uno spirito di gioia e cooperazione.
Patch Adams
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mc 6,53-56)
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono. Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse. E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.
Mi lascio ispirare
L’umanità che accorre alla notizia dell’arrivo di Gesù è quella ferita, debole, malata, prostrata nel fisico e nell’anima. La presenza del Signore rianima e sana. Gesù guarisce e infonde speranza. L’integrità fisica è un desiderio e un’esigenza profonda. Dove manca, la condizione umana è resa ardua, è impoverita e provata. Diminuito, l’uomo desidera tornare alla pienezza di cui porta il sogno nel cuore.
E così uomini e donne accorrono a Gesù. Gli si stringono intorno, perché faccia vivere anche su questa riva del lago il Regno che, con la condivisione dei pani, ha reso presente sul lato opposto dello specchio d’acqua, che nella notte ha attraversato.
Il Regno si rende presente con la persona di Gesù. Il segno che lo esprime è colto nel minimo di un passaggio, l’immagine appena accennata che già tutto contiene. È la potenza espressiva che si sprigiona da un dettaglio. L’orlo di un abito, di una veste lisa. Solo toccare il lembo del mantello basta, solo sfiorare le vesti è sufficiente.
Con lo slancio di chi fisicamente gli si stringe intorno, anche noi con il cuore possiamo oggi stringerci intorno al Signore, perché, sfiorandone le vesti, la sua persona possa darci la guarigione che speriamo, la speranza a cui aneliamo.
Oppure․․․ e questo è ciò che il suo Spirito di risorto ci abilita a compiere, “esser noi la veste” che solleva altri dalla prova, porta luce dove essa è flebile o assente, conforta, anima, aiuta, sostiene.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Qual è la ferita da cui vorresti guarire?
Chi nella tua quotidianità vive una situazione di ferita, di malattia, di solitudine nella prova?
Quale gesto di prossimità puoi esprimere nei confronti di chi è nella prova?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
6
Febbraio
2023
La speranza a cui aneliamo
commento di Mc 6,53-56, a cura di Diego Mattei SJ