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Tutto è tuo, o giovane che passi;
entra nella sala del banchetto pensandoci;
non sgattaiolarci come preso dal dubbio
se tu sia il benvenuto – il festino è per te!
Edgar Lee Masters, Antologia di Spoon River (traduzione di Fernanda Pivano)
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 14,12-14)
In quel tempo, Gesù disse poi al capo dei farisei che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
Mi lascio ispirare
Gesù, il figlio di Dio, ama gli uomini e tutto quello che rende l’essere umano più… umano! Condividere il pasto, in un contesto di festa, può essere una bellissima occasione di umanizzazione, non solo perché si mangia bene: una cena offerta non è semplicemente sfamarsi, può essere una via che richiude su di sé oppure che rende migliori.
Il “galateo spirituale” proposto da Gesù assume in pieno l’umano del banchetto e lo porta alla sua più “gustosa” bellezza. Innanzitutto Gesù sprona a dare banchetti. È bello condividere il pasto, segno della condivisione della vita stessa, l’armonia, la bellezza della tavola, il piacere e il gusto del cibo; ancora una volta, però, la cosa più importante è il come e il perché lo fai.
Se ti aspetti un contraccambio, il banchetto è finalizzato a te stesso, una sorta di boomerang… così non cresce l’umanità, cresce solo la tua pancia! Se, invece, il pranzo significa che ti prendi cura dell’altro, di chi è nel bisogno, in qualche modo, in qualunque modo; se è l’altro il punto di riferimento del tuo invito, ecco che questo banchetto ti umanizza, dà compimento a ciò che sei: un essere aperto e in relazione, in particolare con i poveri, storpi, cioè con chi ha più bisogno. E questo fa crescere la tua umanità, nutre non solo lo stomaco ma anche l’anima, tua e del tuo fratello povero.
Come sempre, però, Gesù quando propone le sue metafore o le sue parabole parla anche di se stesso. È lui, infatti, che, non solo si lascia invitare al banchetto, ma lo prepara per noi. Lui stesso si fa cibo per noi, si offre nell’Eucaristia, memoria della Pasqua, per tutti i poveri e gli storpi che siamo un po’ tutti. Questo porta alla piena umanizzazione che coincide con la “ricompensa della resurrezione”, questo porta al gusto del banchetto: essere uomini e donne secondo Dio.
Buona giornata!
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quando ti sei sentito invitato al banchetto dal Signore?
Con chi vorresti condividere la tavola?
Quale gesto di cura ti permette di esprimere al meglio il tuo amore?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
31
Ottobre
2022
Galateo… spirituale
commento di Lc 14,12-14, a cura di Stefano Titta SJ