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La primavera è il modo naturale di dire: “Andiamo a una festa”.
Robin Williams
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 5,33-39)
In quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere; così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!». Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno». Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”».
Mi lascio ispirare
I farisei fanno prontamente notare a Gesù il diverso atteggiamento che i suoi discepoli tengono rispetto a quello di altri. Per loro è scontato che il discepolato si giochi in una serie di pratiche da mettere in atto. Non solo, queste pratiche sono orientate a una continua purificazione necessaria per poter stare davanti a Dio. E la purificazione viene compresa il più delle volte come privazione o sacrificio di un qualche aspetto particolare che caratterizza l’umano.
Gesù risponde alla giusta osservazione dei farisei in due tempi, con un’immagine e due parabole, suggerendo due diverse piste di comprensione. Nell’immagine degli invitati che sono con lo sposo, evoca la dimensione della festa, momento di convivialità, di allegrezza, di leggerezza, in cui si esce dall’ordinario e si vive un po’ sopra le righe, in una dimensione che non è il solito della vita, ma che richiama il bello della vita. Come esseri umani, abbiamo bisogno di un momento dove lasciarci andare alla festa. È una concessione in cui ci permettiamo di riconoscere che il centro della nostra vita non c’è la necessità della sopravvivenza, ma la gratuità di un’eccedenza. Eccedenza che l’essere umano dentro la festa sa ritrovare e gustare. In ogni festa infatti, mettiamo in campo elementi che non appartengono all’ordinario ma che lo trascendono.
La festa va preparata, ma nello stesso irrompe nella vita. Il digiuno aiuta a preparare la festa, non è il centro della vita. Molte volte noi impariamo a rimandare all’infinito il momento della festa e ci abituiamo a vivere in una condizione di digiuno perenne, nell’attesa di una grande festa finale che non verrà mai. Ci accontentiamo dell’idea che prima o poi arriverà una festa nella convinzione che più digiuniamo, più potremo gustare la festa: Gesù scalza proprio questa mentalità. Non è un invito a vivere la vita come una festa. Sarebbe troppo banale. E si sa, prima o poi le feste stancano. No, non si tratta di fare continuamente festa, si tratta piuttosto di cogliere il momento opportuno in cui festeggiare!
Le due parabole mettono in luce la naturale tendenza dell’essere umano a rigettare la novità perché vista come pericolosa e insidiosa per la perdita dell’equilibrio esistente. Il nuovo è qualcosa che ancora una volta mette in gioco l’essenza umana che ha bisogno di trascendersi continuamente verso nuove forme per dire la sua realtà di sempre. Ma che pure spaventa. Le due parabole smascherano due atteggiamenti con cui noi cerchiamo di annichilire l’impatto con la novità. La parabola del vestito rivela la nostra tendenza a usare il nuovo per riproporre il vecchio: un nuovo linguaggio, una nuova forma, ma tutto sommato sempre la solita minestra. La parabola del vino evidenzia il nostro tentativo di comprendere la novità con l’esistente, cercando di contenerla nel già visto… In ogni caso perdiamo sia il vecchio che il nuovo.
Gesù ci invita ad essere coraggiosi, a prendere in mano la nostra vita e sentirne fino in fondo il gusto, perché questo è ciò che ci restituisce senso e ci rende capaci di affrontare le difficoltà.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Come di solito fai festa?
Quand’è l’ultima volta che ti sei concesso di fare festa?
Quali inibizioni interiori ti proibiscono di partecipare alla vita come una festa?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
2
Settembre
2022
Festeggiare o fare festa?
commento di Lc 5,33-39, a cura di Flavio Emanuele Bottaro SJ