Photo by Fredrik Öhlander on Unsplash -
L’esperienza è sottrarre e non addizionare. Sottrarre dalle nostre azioni [...] ciò che non funziona.
Fabrizio Caramagna
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 13,47-53)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche». Terminate queste parabole, Gesù partì di là.
Mi lascio ispirare
L’immagine del Regno dei cieli come una battuta di pesca riporta un concetto che suona astratto come quello del Regno su un piano di realtà, di esperienza quotidiana. Come fa il pescatore a sapere quali sono i pesci buoni e i pesci cattivi tra tutti quelli che prende? È lʼesperienza della pesca. Sicuramente quando era un giovane pescatore avrà ascoltato i suoi maestri di pesca più anziani che sapevano cosa tenere e cosa lasciare e avrà fatto tesoro della loro esperienza. A questa avrà aggiunto la sua esperienza personale: ne ha mangiato qualcuno e non gli è piaciuto, o addirittura gli ha fatto male, mentre altri erano buoni. Avrà quindi lasciato i primi e continuato a tenere gli altri.
Noi sappiamo cosa è bene e cosa è male attraverso la nostra esperienza: è sperimentando le cose che il mondo mi mette davanti che capisco cosa fa bene alla mia vita e a quella degli altri e cosa no. Costruire il Regno di Dio quindi vuole dire anche saper accogliere ciò che è buono e rifiutare ciò che è cattivo – per me e per chi è intorno a me.
Sembra una cosa scontata, ma se guardiamo alle nostre giornate ci accorgiamo che non lo è: molto spesso teniamo nelle nostre vite cose che non sono buone e lasciamo andare cose che sono buone. La paura di lasciare consuetudini, situazioni di comodo, piccoli guadagni, la speranza che le cose cambino da sole (e non lo faranno), ci tengono in situazioni che ci avvelenano lentamente. Sentiamo sulla nostra pelle che qualcosa ci fa male, ma non lo allontaniamo. Nello stesso tempo allontaniamo quello che ci fa bene, magari con il dolore di sentire che non è più nella nostra vita.
Il Regno di Dio non è solo un luogo dello Spirito che ci attende nell’aldilà, ma un momento in cui posso vivere ora se ho il coraggio di dire dei sì e dei no.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quando ho dovuto rifiutare qualcosa che non era buono?
A cosa mi sento chiamato a dire sì?
Da quale zona di comodo mi è capitato di dover uscire?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
28
Luglio
2022
Questione di esperienza
commento di Mt 13,47-53, a cura di Leonardo Vezzani SJ