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Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza.
E guarirai da tutte le malattie,
perché sei un essere speciale
ed io, avrò cura di te.
Franco Battiato, La cura
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 9,11b-17)
In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Mi lascio ispirare
Essere curati dalla paura che nessuno si prenda cura di noi e che dobbiamo salvarci da soli, sgomitando più o meno consapevolmente, più o meno violentemente, contro gli altri.
Essere curati dall’idolatria delle logiche economiche, gestionali, dalla consapevolezza bucata di chi afferma di sapere per certo come va il mondo, visioni che considerano solo dei pezzi della realtà, solo alcune delle risorse e delle potenzialità disponibili, quasi mai quelle che possono fare la differenza, quelle che possono fare il miracolo.
Essere curati dalla fretta e dall’agitazione che rende impensabile, assurdo, fermarsi un momento prima di mangiare, prima di spezzare il pane, nostro, quotidiano. Essere confermati nel coraggio di alzare gli occhi al cielo, ringraziare, benedire, distribuire a ciascuno.
Riconosciamo quanto abbiamo bisogno di queste cure: intanto io, intanto il gruppetto di quelli con me, in realtà tutti, proprio tutti. Saziati, contemplare le ceste ancora piene e le nostre preoccupazioni trasformate in speranza: speranza di essere, anche noi, pane per altri, cura per altri.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quali sono le preoccupazioni o le paure che mi agitano oggi?
Contemplo che cosa il Signore mi dice: che cosa sta facendo con quello che riesco a condividere con lui?
Che frutto traggo da questo incontro? Che cosa resta? Che sentimento prevale?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
19
Giugno
2022
Ceste di cura
commento di Lc 9,11b-17, a cura di Matteo Suffritti SJ