Ph. from Pxhere -
La misericordia di Dio può far fiorire anche la terra più arida, può ridare vita alle ossa inaridite.
Papa Francesco, Messaggio pasquale del Santo Padre e benedizione Urbi et Orbi
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 1,57-66)
In quei giorni, per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.
Mi lascio ispirare
Vicini e parenti «udirono» e «si rallegravano» del fatto che Elisabetta e Zaccaria, anziani, fossero divenuti genitori – eppure l’accaduto non è sufficiente a far comprendere in profondità il valore della misericordia di Dio, il fatto che Egli si fosse ricordato della promessa fatta e l’avesse portata a compimento.
Eppure il nome Giovanni significa proprio “Il Signore ha avuto misericordia”.
Giunto il tempo di dare un nome alle cose, capita anche a noi di rischiare che uno sguardo “tradizionale”, un’abitudine tradiscano la novità, quasi sino a soffocarne la vera essenza, che invece permane e si diffonde.
La meraviglia colta nell’intimità del proprio sentire è ciò che ci permette di dissentire, come Elisabetta, e di dichiarare con rinnovata fermezza, come Zaccaria, che davvero tutto ciò che nella nostra storia è dato alla luce, che emerge, è grazia e misericordia di Dio.
Quest’atto di rinnovato riconoscimento “scioglie la lingua“, permette di comunicare la pienezza di ciò che siamo, ci compie e ci completa, generando riconoscenza e permettendoci di vedere come la solitudine e l’egoismo non possono impedire alla mano di Dio di accompagnare e custodire la nostra storia e il significato profondo che essa annuncia.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In cosa riconosco la misericordia di Dio nella mia vita, oggi?
Perché e in quali occasioni ho dato un nome convenzionale alle cose?
In che modo riparto, dopo questo tempo di preghiera, sapendo che la mano del Signore è con ogni cosa che attribuisco alla Sua misericordia?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
23
Dicembre
2021
Grazia e misericordia in ogni cosa
commento di Lc 1,57-66, a cura di Mounira Abdelhamid Serra