Alberto Burri. Ferro SP, 1961. Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, Roma. Ph. Antonio Idini -
Io sono la prima profezia.
La profezia che porto nella carne
è questa: calpesterai ciò che ami.
Molto vicino, intorno
e dentro te – ciò che ti fa vivo
lo massacrerai.
Mariangela Gualtieri, Caino
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 11,47-54)
In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite. Per questo la sapienza di Dio ha detto: “Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno”, perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall’inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l’altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione. Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito». Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.
Mi lascio ispirare
«Che hai fatto?», chiede il Signore a Caino e allo stesso modo Gesù chiede conto ai farisei, agli scribi, ai dottori della Legge, a tutti questi bravi fedeli, non ai peccatori – e chiede anche a me: cosa ne ho fatto delle parole di vita che mi sono state rivolte? «Che cosa avete fatto?», chiede Gesù, e risponde: costruiscono monumenti per onorare la memoria dei profeti uccisi dai padri mentre si sporcano le mani del sangue di coloro che ora parlano per conto di Dio, che rendono presente la Parola. Il Battista è già morto, e Cristo, che è la Parola stessa, farà la stessa fine.
Ma quel sangue dalle viscere della terra non è muto e continua a gridare al cielo, proprio quel sangue, quel martirio, parola che significa testimonianza, urla e porta al cielo non solo tante sofferenze ingiuste, ma anche tutti noi, anche coloro che «non sanno quello che fanno», anche chi ha peccato. Quello che pagherà il conto sarà Cristo sulla croce.
Dio è misericordia, non sacrificio, ecco cosa grida al cielo quel sangue, dalla polvere di cui siamo fatti, quella vita che in noi non può essere messa a tacere. O peggio, controllata, decontestualizzata, travisata. Forse questo sangue ci fa paura, questo spreco che è amare, questo perdere il controllo della propria vita per consegnarla a un altro. Allora, piuttosto che cambiare, sembra preferibile farla fuori, questa voce.
Ognuno si difende come può, c’è chi nell’altro non fa che cercare e trovare conferme ai propri sospetti, chi cerca pretesti, chi chiude le porte pur di non vedere cosa ha dentro e butta via le chiavi, vivendo nell’ipocrisia… Sembra impossibile uscire da tutte queste forme di autosabotaggio e disamore, fin quando il meccanismo si spezza e accade l’impensabile: Cristo, ultima profezia, quell’amore che “ho dovuto ammazzare”, alla fine, salverà proprio me.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quale parola di vita sta cercando di farsi strada dal fondo delle mie viscere?
In quale falsa credenza mi sto rifugiando, immagine di Dio o di me stesso, credenza che rischia di diventare una profezia di morte?
Cosa significa per me essere salvato?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
14
Ottobre
2021
A sangue caldo
commento di Lc 11,47-54, a cura di Caterina Bruno