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La sua consolazione più grande era guardare il cielo e le stelle; li contemplava spesso e per lungo tempo, perché da questo gli nasceva un fortissimo impulso a servire nostro Signore.
Ignazio di Loyola, Autobiografia
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 12,14-21)
In quel tempo, i farisei uscirono e tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti e impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: «Ecco il mio servo, che io ho scelto; il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento. Porrò il mio spirito sopra di lui e annuncerà alle nazioni la giustizia. Non contesterà né griderà né si udrà nelle piazze la sua voce. Non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta, finché non abbia fatto trionfare la giustizia; nel suo nome spereranno le nazioni».
Mi lascio ispirare
Di notte, nei tempi antichi, l’uomo passava lungo tempo ad osservare il cielo. Univa con delle linee le stelle, spiava il movimento di figure leggendarie, traeva indicazioni per l’avvenire. Cercava, fra tutte, la sua stella, quella nata insieme a lui.
Oggi che cosa rimane di quella credenza, per cui il nome di ognuno è scritto nel cielo?
La convinzione profonda di essere nati con uno scopo e un’identità propria e singolare si trova spesso frantumata. Da una parte, vi è il dubbio su chi siamo veramente. Siamo speciali oppure uguali a tutti gli altri? Non ci troviamo forse a ripetere gli stessi gesti, in modo inconsapevole? Dall’altra, vi è il sogno di conquistarci la fama con le nostre forze. Dobbiamo diventare qualcuno. Scrivere il nostro nome nel cielo.
Oggi abbiamo perso il riferimento alle stelle, ma possiamo fissare lo sguardo su Gesù. Nei vangeli, Gesù appare sicuro della sua identità. Sa di essere scelto e amato. Questa certezza lo rende libero. Gesù non deve fare nulla per dimostrare chi è, non alza la voce, si mette a fianco degli altri uomini e donne, ne ascolta i bisogni e li serve.
A differenza della persona insicura di sé, Gesù appare a suo agio con ogni forma di fragilità, non tende a sopprimerla, ma piuttosto a sostenerla. Gesù, amato dal Padre, è inviato a ciascuno di noi perché impari ad accogliere tutto ciò che è.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Che cosa provo rispetto alla mia fragilità?
E a quella del prossimo?
Perché provo questi sentimenti?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
17
Luglio
2021
Amato e inviato
commento di Mt 12,14-21, a cura di Stefano Corticelli SJ