Georg Kolbe, La Mañana. Ph. Vicente Cendrero, CC BY-SA 3.0 ES, via Wikimedia Commons -
Quanto meno
un’ombra
racconta
di una luce
Gianmaria Testa, L’ombra
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 3,16-21)
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Mi lascio ispirare
Questo amore immenso di Dio io l’ho visto, sulla Croce. Non riuscirò mai a comprendere fino in fondo quanto è costato, e faccio fatica a credere che valgo davvero il prezzo di questo sacrificio. Quanto vale la mia vita? Spesso cado in questo inganno: che siano le mie azioni a determinare il mio valore, che siano le mie azioni a dire se sono degno o meno d’amore. E allora se cado, se sbaglio, corro a nascondermi perché una voce dentro di me non fa che ripetermi che non valgo nulla e che non sono capace di fare nulla di buono, che non sono degno di questo amore.
Questa schiavitù sono le tenebre di cui parla Gesù, questo giudizio, questa paura che ci sia sempre qualcuno pronto a condannarci, è quello che ci fa stare lontani dalla luce. Se guardo bene però scopro che quello che sta lì pronto a condannarmi in realtà sono io.
Nel fondo noi non ci sappiamo veramente amati, per questo il Padre ha mandato il Figlio, perché è solo in Lui, nel suo modo di essere figlio, che impariamo quanto siamo amati e ad amare a nostra volta altri. Di un amore che ci libera, libera la nostra capacità di vivere veramente. Si vive solo quando ci si sente davvero amati, la verità è che valgo tanto quanto sono amato. E sta a noi scegliere se crederci o meno, questa luce che ci rivela a noi stessi per quello che siamo non è comoda, è un voltarsi continuamente verso di Lui, vincendo le nostre resistenze a lasciarci guardare, senza paura, come se fossimo la cosa più bella che esista.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quali sono i posti in cui ti nascondi più spesso?
Cosa puoi dire oggi di bello a te stesso e a chi ti è accanto?
In quali occasioni ti sei sentito profondamente amato, senza dover difendere o giustificare nulla?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
14
Aprile
2021
Amore e ombra
commento di Gv 3,16-21, a cura di Caterina Bruno