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«Quando un napoletano è felice per qualche ragione, invece di pagare un solo caffè, quello che berrebbe lui, ne paga due, uno per sé e uno per il cliente che viene dopo. È come offrire un caffè al resto del mondo…»
Luciano De Crescenzo, Il caffè sospeso
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 18,21-35)
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
Mi lascio ispirare
Il Vangelo non smette mai di colpirci con la sua assoluta concretezza. A chi non è mai capitato di dovere dei soldi a qualcuno? Avere un debito da saldare è un pensiero costante e pesante, un fastidio a cui puoi cercare di non pensare, ma che non passa fino a quando non lo estingui del tutto. I rapporti fra creditore e debitore si incrinano facilmente, ed è difficile che fra i due ci sia un’amicizia vera: chi è in debito si sentirà sempre in una situazione di inferiorità e sotto sotto detesterà il creditore come un servo detesta un padrone. Un debito toglie la libertà. Cancellare un debito è un gesto di grandissima generosità.
Il Signore è venuto a condonare tutti i nostri debiti: non vuole essere padrone ma fratello. Ogni giorno torna a chiedere la nostra amicizia, e non i nostri servizi; ogni giorno torna a ripeterci: «Tu non mi devi niente. Se vuoi, puoi seguirmi».
Il finale del racconto di oggi, però, è durissimo. Il servo che era stato sgravato del debito e non lo aveva rimesso all’altro servo è punito severamente: fino a quando non impareremo la sua misericordia e la sua generosità, e pretenderemo di avere dagli altri “quello che ci devono”, rimarremo sempre schiavi della logica del debito. Basta pensare e dire: «Da te questo proprio non me l’aspettavo», «Non ti comporti mai come si deve», «Questo proprio me lo devi», «Se mi vuoi bene, devi fare così». Basta zavorrare le persone attorno a noi di giudizi e tenere il conto dei loro “debiti” nei nostri confronti. E non per essere perfetti, misericordiosi, o bravi cristiani! Non è una gara di pazienza o di bontà quella che ci propone il Signore. Giudicare gli altri e pretendere da loro dei buoni comportamenti non conviene innanzitutto a noi stessi.
Ogni volta che lo facciamo, infatti, cementifichiamo sempre di più dentro di noi la logica della prestazione. A furia di non perdonare nulla, non riusciremo mai a sentirci perdonati dal Signore; la durezza verso noi stessi e la durezza verso gli altri sono due facce della stessa medaglia. Chiediamo il suo aiuto per iniziare un cammino di amore e di libertà, senza pretendere nulla né da noi stessi né dagli altri.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Per che cosa mi sento particolarmente “in debito” davanti al Signore?
Quando mi sono sentito perdonato e liberato di tutti i miei debiti?
Quale debito (torto subito, favore dovuto) non riesco a condonare?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
9
Marzo
2021
Lascia stare, pago io
commento di Mt 18,21-35, a cura di Comunità Centro Poggeschi