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Io non conosco che un solo dovere, ed è quello d’amare.
Albert Camus
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 23,1-12)
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
Mi lascio ispirare
«Prendi voti buoni, laureati in fretta, sposati, non troppo presto ma non troppo tardi, sii furbo, segui le regole, infrangi le regole, risparmia i soldi, investili․․․» Quelli che per Gesù erano i farisei e gli scribi sono per noi tutti quelli che ci dicono cosa dovremmo fare, come dovremmo essere a ogni piè sospinto.
Il fardello diventa molto pesante perché è solo il nostro senso del dovere a sollevarlo, spesso con la sola forza di volontà. Ma a volte semplicemente non ce la facciamo, e ci chiediamo: chi ha messo questo peso su di me? A volte addirittura diamo la colpa al Signore, che ci vuole servi.
Ma la servitù di cui parla Gesù non ha niente a che fare con quel fardello. Innanzitutto, probabilmente quest’ultimo è molto più pesante di quanto dovrebbe essere, perché sostiene anche le nostre ansie di non farcela, la nostra tristezza e il senso di colpa per quando non riusciamo a trasportarlo. Inoltre, il fardello è pesante perché di solito siamo noi stessi che lo mettiamo sulle spalle degli altri, giudicando noi e loro e costringendo tutti quanti a mantenere standard elevatissimi di efficienza e precisione. Questa è la schiavitù.
Come liberarsi del dramma del dovere senza amore? Ascoltando la voce di Gesù che ci dice, innanzitutto, che non siamo soli; ci dice di sentirci fratelli tra di noi, che chiedere aiuto e offrirlo è l’unico modo per dimezzare il peso che ci portiamo addosso. Ci dice di riconoscere che la vita non ce la siamo meritata, non ci siamo autocreati: un Padre ci ha regalato questo attimo in cui leggi queste parole, senza voler niente in cambio; un Padre celeste che ci ha anche dato una guida, il Cristo, per renderci conto di questo dono.
Ogni giorno abbiamo la possibilità, anche per pochi minuti, di entrare in questa relazione con il Padre che ci ha dato tutto, che non vuole nessun fardello per noi. Se tutto il resto della giornata si nutre di ciò che gustiamo in quei pochi minuti, allora sì che la servitù diventa servizio, fatto per amore e non per dovere, e il fardello․․․ leggero come una piuma.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quando ti ritagli del tempo durante il giorno per entrare in relazione con il Padre?
In quali occasioni le cose che devi fare diventano quasi insostenibili?
In che modo potresti cambiare la tua prospettiva e accostarti a queste cose con lo spirito del servizio?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
2
Marzo
2021
Dovere o amare?
commento di Mt 23,1-12, a cura di Gloria Ruvolo