Ph. Francesca Carraro -
Giuro che io salverò la delicatezza mia
la delicatezza del poco e del niente
del poco poco, salverò il poco e il niente
il colore sfumato, l’ombra piccola
l’impercettibile che viene alla luce
il seme dentro il seme, il niente dentro
quel seme. Perché da quel niente
nasce ogni frutto. Da quel niente
tutto viene.
Mariangela Gualtieri, Imparare è anche bruciare
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 13,18-23)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».
Mi lascio ispirare
Sii terreno fertile. Sii terreno buono. Mettiti in ascolto, lascia che la mia parola entri e porti frutto. È unʼimmagine semplice, ma potente.
Da una parte cʼè lui, il seminatore, che instancabile esce a seminare. Dallʼaltra ci siamo noi. Che siamo a volte terreno arido, a volte sassoso, a volte pieno di rovi. Cʼè molto lavoro, dietro ai solchi di un terreno che è pronto per raccogliere i semi: lavoro per tenerlo pulito dalle erbacce che continuano a crescere e che minacciano lʼerba buona che gli cresce a fianco; lavoro per togliere i sassi, fare spazio, lavoro per arare, per irrigare, per liberarlo dai rovi che lo rendono inospitale, incapace di essere fecondo. È un lavoro quotidiano, costante, fatto di piccoli gesti.
E poi cʼè la misura della rendita. Quante volte sentiamo questa necessità di quantificare, misurare, confrontare i nostri “investimenti”: di studio, di lavoro, di relazioni. Ma non è questa la logica del buon seminatore: perché non ha importanza che il terreno dia cento, sessanta, trenta o due. Né, forse, siamo in grado di dire quanto e quando sarà il nostro frutto. Non importa. La buona notizia è che se il terreno è curato e libero, il seme cadrà e porterà frutto.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In che modo mi prendo cura del mio terreno?
Da quali inciampi lo devo liberare?
Ripercorro la mia esperienza: quali frutti ho già raccolto?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
24
Luglio
2020
Abbi cura
commento di Mt 13,18-23, a cura di Francesca Carraro