Ph. Martina Pampagnin -
Dare buone notizie è portare speranza ai propri simili. L’idea della redenzione è sempre una buona notizia, anche se implica sacrifici o tempi difficili.
Patti Smith
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 20,1-9)
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
Mi lascio ispirare
Gesù è ormai morto e sembra che la sua vicenda di vita, la sua predicazione, i suoi gesti e miracoli che avevano dato grande speranza a molti discepoli siano solo un pallido ricordo. Forse coloro che l’hanno seguito si sono presi, in fondo, un grande abbaglio. Che senso ha avuto tutto questo?
Potevano essere questi, verosimilmente, i pensieri che animavano il cuore di Maria Maddalena, oltre a una certa paura, dato che i discepoli del Signore potevano essere perseguitati. Arrivata alla tomba ecco, però, una scena inaspettata: la pietra è rotolata via, il sepolcro vuoto… Cosa significa? Il Signore è stato portato via, dopo il danno, la beffa.
Non avevano compreso la Scrittura, dice il Vangelo. Ma Giovanni, il discepolo amato dal Signore, vicino a Gesù, vede e comprende col cuore. La Resurrezione è la grande Buona Notizia dei cristiani, il culmine di tutto Vangelo. È quello che i cristiani urlano al mondo da duemila anni, accettandolo per fede – perché il Signore apre il loro cuore a questo, perché solo col cuore si può comprendere, non è un fatto di testa o di ragionamento. La resurrezione è l’esperienza di incontrare il Signore nelle nostre vite, come colui che ci dona speranza, ci libera, dà un senso a quello che viviamo.
E come accade questo nel concreto?
Se siamo disponibili ad incontrare il Signore pian piano, sentiamo una gioia profonda, sperimentiamo uno sguardo che desidera per noi una vita piena, che ci vede nella nostra bellezza e ci invita a vivere fino in fondo quello che siamo, coi nostri desideri. Uno sguardo che dona vita a noi e agli altri, sconfigge le nostre morti, le paure che ci dicono che non valiamo e così ci impediscono di vivere.
Ma non è vero che il Signore è morto e basta. Non è vero che la morte ha l’ultima parola. E questa è la Notizia per eccellenza, la novità più totale che irrompe nella storia del mondo e nelle nostre storie: la morte, il buio, il dolore, non hanno l’ultima parola, Cristo li ha sconfitti per sempre.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Dove vedo, nella mia vita attuale, segni di Resurrezione?
Quand’è stata l’ultima volta che in preghiera ho sperimentato gioia e consolazione profonda?
Quali sono le “morti”, i sepolcri che voglio affidare oggi al Signore, perché Lui possa portare vita nuova?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
12
Aprile
2020
Una buona notizia senza precedenti
commento di Gv 20,1-9, a cura di Daniele Ferron